Gennaro Lopez

L’ultima telefonata

Caro Paolo,

da quando hai voluto andartene altrove mi torna in mente, con sorprendente frequenza, la nostra ultima telefonata. Mi avevi chiamato tu, come quasi sempre accadeva a causa della mia scarsa propensione per la comunicazione telefonica. Lo strumento-telefono mi inibisce il linguaggio: mi esprimo con povertà di lessico e per frasi fatte, con effetti sgradevoli a me stesso se do ascolto a ciò che dico. È stato così anche in quella occasione. Sapevo che stavi male, già da tempo; eppure ho esordito con la rituale e banale domanda: “come stai?”. Mi hai risposto: “sto male, ma va be’ …” e sei subito passato ad altro. Ti ho sentito stanco, molto stanco e con voce flebile. Ci siamo detti poche parole, promettendoci comunque a vicenda di risentirci a breve per scambiarci opinioni sulla situazione politica, proprio come richiedeva la nostra consolidata prassi telefonica. Perché, negli anni e nelle tante e tante telefonate nostre, qualunque fosse il motivo preminente della chiamata, non è mai mancata una tua riflessione sull’attualità politica: a volte un rapido pensiero, più spesso un’argomentazione o un ragionamento. Sempre con la volontà e la capacità di sollecitare nell’interlocutore uno sguardo critico, onde evitare valutazioni e risposte superficiali. Un costume intellettuale rigoroso ed esigente, il tuo, che ti portava a contrastare qualsiasi banalizzazione, soprattutto quando (e accadeva quasi sempre) il discorso riguardava le vicende e le sorti della sinistra: lì scattava la critica, acuta e talora sferzante, ma sempre accompagnata da un’attenzione costante a novità potenzialmente foriere di nuovi e positivi sviluppi. Questo intreccio tra pessimismo critico e fiducia nel cambiamento è una possibile cifra interpretativa del tuo pensiero.

Ma nulla di tutto questo in quell’ultima telefonata, di cui mi accompagna e continuerà ad accompagnarmi l’eco dolorosa dell’ultimo saluto, con quell’estremo tuo riferimento alla nostra associazione, Futura Umanità. E chissà se non sarà proprio una futura umanità il luogo in cui prima o poi ci ritroveremo. Magari in una piazza grande, grandissima, con tante, tantissime bandiere rosse e i canti del lavoro e della Resistenza. L’altrove che insieme abbiamo desiderato e dove, caro compagno Paolo, hai voluto precederci.

Gennaro Lopez