di Gennaro Lopez
La storia del Pci, da Gramsci fino a Berlinguer, è attraversata dalla riflessione sulla “questione cattolica”. Gramsci, andando oltre il “tradizionale” anticlericalismo socialista, già nel 1919 vedeva nel neonato partito dei cattolici, il Partito Popolare, il frutto della laicizzazione e del rinnovamento di matrice post-unitaria, che avrebbe potuto contribuire ad una progressiva maturazione del proletariato italiano in direzione di un orizzonte socialista. Nel 1924, ormai in pieno fascismo e col Partito Popolare in piena crisi, egli elaborerà una netta distinzione tra politica vaticana e cattolicesimo politico italiano; e ancora, nel periodo del carcere, dunque nei Quaderni, Gramsci svilupperà un’analisi articolata della Chiesa, della sua gerarchia, delle sue organizzazioni, in particolare dell’Azione Cattolica, considerata come vero e proprio braccio secolare della politica pontificia; egli distingue, inoltre, all’interno del mondo cattolico, tre correnti in lotta per l’egemonia (integralisti, gesuiti, modernisti).
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