I bambini di Cassino al V congresso del Pci

Lucia Fabi e Angelino Loffredi sono impegnati da tempo a non far disperdere la memoria dei fatti del territorio e della società in cui operano, Ceccano e la provincia di Frosinone. Partendo da fatti e accadimenti anche emotivi a loro vicini ricostruiscono un periodo, un pezzo di storia. “L’infanzia salvata. Nord e sud un cuore solo” appartiene a questa collana d’impegno. E’ il racconto di come 3448 bambini di ciociaria reclutati in 49 comuni di questa provincia disatrata dalla guerra vengono inviati al nord ospiti della solidarietà e della generosità di famiglie di lavoratori che li ricevono nelle loro case, li sfamano e li rivestono, li mandano a scuola e hanno cura della loro fede religiosa. Questo avviene perchè lo vuole e lo decide il Pci come qui viene narrato descrivendo tratti del dibattito che si svolge nel V Congresso di questo partito.

«Presso l’Aula Magna dell’Università di Roma, alle 14,30 del 29 dicembre del 1945, Pietro Secchia apre i lavori del V Congresso del PCI. Il precedente congresso i comunisti lo avevano tenuto in semiclandestinità nel lontano 1931, alla vigilia della presa del potere di Hitler, a Colonia, in Germania . I delegati presenti sono 1800, un numero elevatissimo. E’ la prima volta che tanti comunisti si ritrovano a discutere insieme in un clima di libertà. Lo fanno a soli sette mesi dalla fine della guerra inaugurando così la stagione dei congressi, non solo del partito comunista, ma anche di tutti gli altri partiti. Qualche settimana prima Alcide De Gasperi è diventato primo ministro di un governo di unità nazionale di cui anche i comunisti fanno parte. (…)

Delegati al V Congresso del Pci
Delegati al V Congresso del Pci

Nel congresso ci si confronta sulle grandi questioni fino a quando il 31 non interviene Raul Silvestri , uno dei tredici delegati della federazione di Frosinone .
Silvestri aveva fatto parte della Resistenza nella zona di Ripi, aveva stampato e diffuso un giornaletto titolato “Avanguardia” e si era distinto per atti di sabotaggio lungo la via Casilina per rallentare il transito dei camion tedeschi diretti a Cassino.
Il suo intervento è centrato esclusivamente sulla realtà del cassinate e descrive il doloroso disastro ereditato, la fame, la mancanza di un tessuto produttivo, la triste realtà di una città fantasma assediata dalle mine, dominata dalle macerie, insidiata dall’acquitrino e dalla malaria. Sono argomenti che toccano la

sensibilità dei delegati. Egli scava veramente in profondità, tocca

Bimbi partono da Ceccano
Bimbi partono da Ceccano

i sentimenti di tutti i partecipanti. In termini concreti parla del Sud, della miseria, dell’ unità.
Lo stesso Li Causi, dirigente affermato del PCI, delegato siciliano, riprende il tema della saldatura fra Nord e Sud. Lo fa pensando alle spinte indipendentiste portate avanti nella sua regione dall’ esercito volontari indipendenza Sicilia, al quale il bandito Giuliano ha aderito assumendo il grado di colonnello. Il 1945, infatti, è un anno durante il quale frequenti sono gli scontri a fuoco fra carabinieri e banditi-indipendentisti, tutti raccordati con Andrea Finocchiaro Aprile e tendenti ad ipotizzare la Sicilia come 49° Stato degli Stati Uniti.
L’allarme posto da Silvestri trova unanimi consensi e immediatamen-te si apre una gara di solidarietà fra i delegati del nord Italia a favore della città di Cassino. Dalla maggior parte degli interventi scaturiscono adesioni e proposte per affrontare il disastro causato in quella zona.
Già durante la discussione pomeridiana del 31 gennaio i delegati delle federazioni di Pavia, Imperia e Mantova annunciano la disponibilità ad ospitare i bimbi del cassinate. Il clima è tanto appassionato e interessato che il segretario della sezione di Cassino, il ferroviere Giovanni Gallozzi, sente il dovere di salire sulla tribuna del congresso per ringraziare tutti i delegati per questa grande generosità.
In seguito a questo clima solidale,” l’Unità” del 2 gennaio del 1946 scriverà che questo è stato il regalo per il nuovo anno. L’attenzione attorno alla città più distrutta d’Italia rimane costante, pertanto il 5 gennaio il congresso nomina una delegazione per andare il giorno successivo a Cassino per portare aiuti, discutere e prendere impegni.
Ne fanno parte Teresa Noce ( Estella), Secondo Pessi del CLN della Liguria, Renzo Silvestri della federazione di Frosinone.

Altri bimbi della provincia di Frosinone partono per il nord
Altri bimbi della provincia di Frosinone partono per il nord


Il giorno dopo a Cassino la delegazione arriva con una autocolonna di soccorsi della Rai per consegnare pacchi viveri, medicinali, chinino, 100.000 lire, e davanti al sindaco della città, Gaetano Di Biasio, e a tante mamme, in un’atmosfera di commosso e incredulo silenzio, la delegazione prende l’impegno di far ospitare i bambini della zona da famiglie del Nord e di inviare ogni mese 150 pacchi. Immediatamente tutti i presenti incominciano a mostrare interesse e chiedono precisazioni per le procedure da attuare.
In serata la delegazione ritorna a Roma e quando i lavori congressuali stanno per terminare Teresa Noce sale sulla tribuna e descrive la desolazione incontrata. Parla emozionata e commuove tutti i presenti: «Bisognava vedere le madri ringraziarci con le lacrime agli occhi per l’offerta di condurre i loro bambini fuori dall’inferno in cui vivono. Bisognava vedere i loro volti emaciati dalla febbre e dalla malaria che ha colpito tutti: uomini e donne, vecchi, bambini, giovani e ragazzi.
Porteremo via da Cassino 800 bambini e con le nostre cure riuscire-mo a guarirli. Bisogna fare di più perché ci sono altri bambini nella zona che hanno bisogno di viveri, di vestiario, di medicinali e di chi-nino per vincere la malaria” e quando, forte, si alza l’urlo “Salviamo i bambini di Cassino, salviamo l’infanzia » i delegati scattano in piedi applaudendo lungamente e manifestando una convinta adesione al problema che è stato posto in modo così appassionato.
Un apprezzamento doveroso è rivolto, inoltre, alla persona di Estella, a ciò che rappresenta, alla sua autorevolezza. Non va dimenticato che Teresa Noce ha partecipato alla guerra di Spagna, successivamente internata in Francia e poi inviata in un campo di concentramento a Ravensburg, in Germania. Di ritorno, dopo essersi ristabilita, insieme a Daria Biffi, Dina Ermini e Maria Maddalena Rossi, organizza a Milano e a Torino, già nell’ottobre del 1945, il trasferimento dei bambini orfani e poveri verso le famiglie delle province di Mantova e di Reggio Emilia .
Togliatti alla conclusione dei lavori si fa carico dell’atmosfera instau-ratasi tra i presenti in seguito a ciò che hanno sentito e si esprime in termini chiaramente impegnativi e inequivocabili.
«Abbiamo visto con commozione come l’appello per aiutare i bambini di Cassino ha portato ad una gara fra le nostre organiz-zazioni allo scopo di mostrare a quei disgraziati figli del nostro popolo, vittime innocenti di una politica di tirannide, di violenza e sventure che intorno a loro è raccolta la parte migliore del popolo italiano. Sono raccolti operai ed intellettuali, uomini e donne che vivono di lavoro e che vogliono col loro sforzo rendere più leggera la sofferenza odierna del popolo e rinsaldare in una rinnovata coscienza di solidarietà nazionale i vincoli che uniscono tutti gli strati dei lavoratori » .
Con il V congresso s’inaugura una più attenta elaborazione politica sull’unità fra Nord e Sud. Già in quei giorni nelle borgate romane e nella provincia di Latina tanti bambini si stavano preparando per partire il 19 gennaio 1946 verso il Nord; nei mesi successivi altri bambini sarebbero partiti dal cassinate, dalle province di Rieti e de L’Aquila; l’anno dopo dalla Campania, dalla Sicilia e dalla Sardegna. Nel 1950 verranno ospitati i figli degli imprigionati per la rivolta di San Severo e poi i ragazzi di Calabria appartenenti a famiglie alluvionate.
Togliatti in quel momento è , forse, l’unico ad avere letto e studiato tutti gli scritti di Antonio Gramsci e ad avere meglio assimilato cosa era stato il Risorgimento con il suo limitato consenso e la scarsa adesione delle masse popolari.
Il pensiero di Antonio Gramsci non è ancora ben conosciuto ed è proprio attraverso il particolare impegno di Togliatti che verrà studiato e approfondito, per affermarsi in Italia come il “traduttore politico” del socialismo scientifico. Non è un caso o una coincidenza se nei giorni del Congresso lungo i corridoi dell’Università sono esposti 12 dei suoi trentatrè quaderni scritti in carcere . E’ il capitale teorico e politico messo a disposizione degli Italiani, è la fonte alla quale si disseteranno ricercatori, analisti per capire la politica e l’Italia, ma rappresenta anche la stella polare attraverso la quale si svilupperà la politica del PCI.
L’aiuto ai bambini di Cassino, così come a quello delle popolazioni meridionali, non è solo un umano gesto di fraterna solidarietà, ma rappresenta lo snodo di una strategia tendente a creare dal basso una unità fra ceti sociali di regioni diverse.
Le indicazioni di Togliatti sono chiarissime, espresse da un dirigente di grande prestigio.
Ora bisogna coniugare il dire con il fare: il lavoro si sposta verso la periferia nelle federazioni, nelle sezioni, sul territorio, e il contatto con le masse di cittadini diventa sempre più capillare e decisivo.»

Infanzia salvata in treno verso il nord dìItaliaLucia Fabi e Angelino Loffredi, moglie e marito, hanno militato nel Pci. Angelino ne è stato dirigente provinciale fino al suo scoglimento. Eletto consigliere provinciale nelle liste comuniste per queste è stato anche sindaco di Ceccano, suo comune di nascita e di residenza.

Per una “mnemoteca” del Pci

Articolo di  Gennaro Lopez

Per noi tutti esiste una ‘zona crepuscolare’ fra storia e memoria; fra il passato come archivio generale aperto a un’indagine relativamente spassionata e il passato come parte o sfondo dei propri ricordi personali […]. L’estensione di questa zona può variare e così l’oscurità e la confusa percezione che la caratterizzano. Ma questa ‘terra di nessuno’ temporale c’è sempre ed è la parte della storia di gran lunga più difficile da afferrare, per gli storici e per chiunque.” (E.J. Hobsbawm, Anni interessanti, Rizzoli, Milano 2002).     

Mi veniva in mente questa riflessione di Hobsbawm mentre pensavo a quella ‘terra di nessuno’ che, per quanti hanno vissuto la militanza nel Pci, consiste nel ricordo di esperienze, episodi, momenti e abitudini di “vita di partito”, che possono rappresentare altrettante tessere di un mosaico capace di restituirci immagine e senso di un partito politico, di massa, che aveva un suo agire quotidiano, talvolta mitizzato oppure fatto oggetto di rappresentazioni caricaturali (il “partito-chiesa” e altre amenità, via via scendendo fino alle… salsicce delle Feste de l’Unità). Un partito che ha vissuto settant’anni (e quali anni!) della vicenda politica e sociale dell’Italia novecentesca, ha ovviamente conosciuto trasformazioni anche molto sensibili del suo modo d’essere, della sua vita interna, ma questo è un tipo di indagine che va lasciato al lavoro degli storici, i quali, peraltro, già si sono misurati con questo compito (in proposito, per una prima, provvisoria documentazione, si può consultare la nota bibliografica inserita in calce a questo scritto). Va detto, peraltro, che esiste pure un rapporto, una relazione tra storia e memoria, un rapporto che offre il suo lato migliore quando lo si misura su un oggetto, su un contesto specifico. In ogni caso, l’obiettivo che qui proponiamo sta in un’operazione di recupero consapevole di memoria individuale e collettiva: anche in tempi di cancellazione massmediologica del passato, questo recupero è comunque un presupposto indispensabile per dare senso e direzione all’iniziativa di Futura Umanità. Scrive Gabriel Garcia Marquez in Funerali di TogliattiVivere per raccontarla: “La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla”; proprio questo tipo di memoria, in relazione a ciò che fu il Pci nella sua “quotidianità”, intendiamo contribuire a recuperare. A puro titolo esemplificativo, elenco alcuni possibili “temi” su cui sarebbe utile praticare “esercizi di memoria”: 1. Come viveva il proprio compito un segretario di sezione? Ma anche: che cosa rappresentava, agli occhi di un iscritto, il segretario di sezione? 2. Quale è stata la valenza sociale e culturale, oltre che politica, delle “Case del popolo”? 3. Quale considerazione si aveva del giornale di partito, l’Unità; come (con quale reale coinvolgimento di compagne e compagni) ne veniva organizzata la diffusione? 4. Quale ricordo si ha della “Feste dell’Unità”? rappresentavano un momento di socializzazione e in quali termini? 5. Come veniva organizzato il tesseramento? 6. Come veniva organizzata (con quale distribuzione di compiti) una campagna elettorale? 7. Come si svolgeva la discussione nelle riunioni dei comitati direttivi e delle segreterie? 8. Come venivano organizzate le assemblee e come vi si svolgeva la discussione? 9. Come veniva organizzato il congresso di sezione e quale effettivo peso esso aveva nella scelta del gruppo dirigente della sezione? 10. Quale ricordo si ha dei rapporti tra sezione e altre istanze del partito (Federazione, Regionale …)?

   Ribadisco: i dieci punti qui sopra elencati non intendono essere affatto esaustivi, altri se ne possono aggiungere, sulla base di ciò che la memoria di ciascuno di noi è in grado di suggerire. Come è evidente, abbiamo bisogno di raccogliere testimonianze e documenti; per farlo, ci serve il contributo di tutti: anche una minima, breve testimonianza, anche un documento apparentemente insignificante possono rappresentare un “tassello” utile a comporre il mosaico.

Vogliamo coltivare l’ambizione di costruire un vero e proprio progetto di “memoria collettiva”, un progetto, ospitato da questo sito, che chiameremo “Mnemoteca del Pci”.

Di che cosa si tratta?
– di un luogo aperto (meglio: una pagina aperta) in cui ognuno e ognuna, grazie alle storie di altri, potrà ritrovare una parte di sé;
– della raccolta di testimonianze, documenti, narrazioni per il recupero e la valorizzazione dell’esperienza, soprattutto sociale e umana, rappresentata dalla “vita quotidiana del Pci”.
Il valore aggiunto della “mnemoteca”, rispetto ad un qualsiasi archivio storico, sta nella sua funzione, non immediatamente riconducibile ad ambiti di ricerca né solo di “conservazione” e/o archiviazione. L’obiettivo fondamentale sta nel “fare memoria”: non per nostalgia né per autocelebrazione. Fare memoria significa dar valore alle persone, alla loro soggettività che si fa storia collettiva: non storia “minore”, ma storia vissuta.

Proposte bibliografiche (in ordine cronologico, a partire dal titolo più recente).
– Fabio Calè, Popolo in festa. 60 anni di feste de l’Unità, Donzelli 2011.
– Eva Paola Amendola, Storia fotografica del Pci, Editori Riuniti 2005.
– Diego Novelli, Com’era bello il mio Pci, Melampo 2002.
– Stefania Franchi, Tango e il Pci. Comunisti e satira nell’Italia del dopoguerra, Rubbettino 2000.
– Edoardo Novelli, C’era una volta il Pci, Editori Riuniti 2000.
– Massimo Ilardi – Aris Accornero, Il Pci. Struttura e storia dell’organizzazione, Feltrinelli 1981.
– Storia fotografica del Pci, Editori Riuniti 1981.
– Giuseppe Are, Radiografia di un partito. Il Pci negli anni Settanta, Rizzoli 1980.
– Giorgio Colorni, Storie comuniste. Passato e presente di una sezione comunista attraverso la vita dei suoi militanti, Feltrinelli 1979.
– Giancarlo Poggi, L’organizzazione partitica del Pci e della Dc, Il Mulino 1978.
– John Fraser, L’intellettuale amministrativo nella politica del Pci, Liguori 1977.
– Marcello Flores d’Arcais (a cura di), Il quaderno dell’attivista, Mazzotta 1976.
– Cesare Pillon, I comunisti nella storia d’Italia, Teti 1970.

Il Pci e il sindacato: la storia non si ripete

Articolo di Guido Liguori – Sull’Unità del 20 maggio 2013

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Emanuele Macaluso

Emanuele Macaluso ha criticato la manifestazione della Fiom di due giorni prima. Questo, conoscendo Macaluso, non sorprende. L’articolo in questione è interessante soprattutto per un altro motivo: come spesso gli capita, l’ex dirigente del Pci fa numerosi riferimenti alla storia di quello che per tanti decenni è stato il suo partito. Ed è questo aspetto che più attira l’attenzione, ma anche che lascia maggiormente perplessi.

Scrive Macaluso, a proposito delle polemiche sulla “non partecipazione” di Epifani o di altri dirigenti del Pd alla giornata di lotta del 18: «Negli anni della guerra fredda e dell’opposizione dura della sinistra ai governi centristi, Togliatti, Nenni, Longo, De Martino, Amendola e Lombardi non partecipavano alle manifestazioni della Cgil o della Fiom. E non vi partecipava Berlinguer. Nel corso dello scontro durissimo sul decreto della scala mobile (1984), quando la Cgil fece la grande manifestazione di piazza San Giovanni, Berlinguer – come testimonia la famosa foto con Enrico che espone l’Unità con il grande titolo “Eccoci”… – era con i cittadini che assistevano alla sfilata del corteo sindacale…».
Su questi frammenti di “memoria storica comunista” vorrei avanzare alcune osservazioni critiche. La prima è di metodo. Troppo di frequente capita di leggere affermazioni – di ex-dirigenti, intellettuali o semplici militanti, sui giornali e ancor più sul web – che tendono a giustificare o condannare qualche azione presente alla luce degli esempi del passato. È operazione rischiosa. Perché la “contingenza” storico-politica è sempre determinata da moltissime varianti, da moltissimi fattori, per cui un momento è in realtà sempre diverso da un altro, solo apparentemente uguale. E dunque in ogni momento storico bisogna cercare di distinguere le “costanti” (che però si riferiscono per lo più ai rapporti tra le forze sociali) dalle variabili, dai «rapporti di forza» politici, per richiamare una espressione di Gramsci.

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Il quale per questo parlava di «filologia vivente» a proposito dell’analisi della realtà politica, per mettere in guardia contro le generalizzazioni. In particolare . poiché il fattore “tempo” esiste e non va dimenticato – ritengo che non si possano paragonare opzioni politiche apparentemente uguali quando tra esse intercorrono svariati anni o addirittura decenni. Ad esempio, come quando si pretende di proiettare la politica di unità nazionale (e di “compromesso”) del dopoguerra sulle scelte degli anni Settanta o persino sul sostegno all’attuale governo: sono semplificazioni che non convincono dal punto di vista culturale e che spesso sono dettate da pure strumentalità politica.
Per venire poi al merito delle posizioni espresse da Macaluso, sia permesso di avanzare anche qui più di una osservazione. Togliatti non andava ai cortei sindacali? Si dimentica il fatto che allora i legami fra partito e sindacato erano ben diversi dagli attuali, che i leader della Cgil erano del tutto interni ai partiti di sinistra e che la “divisione dei ruoli” in piazza era supportata e resa possibile prima di tutto dal fatto che i dirigenti comunisti erano uniti fra loro da un legame (di partito) che prescindeva completamente dai rispettivi ruoli. Ai tempi di Berlinguer le cose erano già in parte diverse, gli anni Sessanta avevano posto fine all’assoluta sovrapposizione di partito e sindacato. È però errato neutralizzare, come tenta di fare Macaluso, la memoria storica di quello che fece l’”ultimo Berlinguer” per ritrovare la «connessione sentimentale» con gli operai e i lavoratori in genere, dopo glie errori della “solidarietà nazionale”. Proprio la storica foto di Berlinguer alla manifestazione per la difesa della scala mobile che Macaluso ricorda lo testimonia egregiamente: Berlinguer era lì esattamente per dire “sono/siamo con voi”, non per “assistere” alla “sfilata” come un qualsiasi “cittadino”. E ve lo vedete Epifani che va a salutare in modo analogo gli operai in lotta? Forse le reazioni sarebbero state diverse da quelle (entusiastiche, davanti a Berlinguer) di trent’anni fa, ma sarebbe stato comunque un gesto politico significativo. Che invece non c’è stato. E forse è stato meglio, se ne è guadagnato in chiarezza. Si pensi poi al noto episodio – che Macaluso non ricorda nell’articolo in questione – della visita del segretario del Pci ai cancelli della Fiat, quando assicurò agli operai in lotta tutto il suo appoggio anche se gli operai avessero deciso l’occupazione della fabbrica! Se allora tutto il suo partito lo avesse allora seguito, forse quella lotta non sarebbe stata persa…

18/05/2013 Roma. Manifestazione nazionale della FIOM
Fiom 18 maggio 2013

In definitiva, al di là della presenza o non presenza fisica dei dirigenti di un partito tra i lavoratori in lotta, il problema è un altro: come si colloca questo o quel partito rispetto ai movimenti sociali, in primo luogo alle lotte operaie e sindacali? Il Pci quasi sempre seppe essere interno a quelle lotte e ai quei pezzi di società, ai lavoratori e alle masse che intorno a loro si stringevano, perché aveva una visione di classe della società, anche se – per fortuna – non in senso economico-corporativo. Nel 1989-1991 fu fatta invece dalla maggioranza del gruppo dirigente del Pci una scelta diversa, si abbandonò prima in linea teorica e poi di fatto tale visione di classe e il partito che si fece erede del Pci dopo averlo soppresso abbandonò pian piano ma inesorabilmente la sua internità ai processi sociali e al mondo del lavoro. I frutti sono davanti agli occhi di tutti, non solo in termini di disgregazione e disperazione sociale, ma anche in termini di rappresentanza politica della classe operaia. Che non c’è più.