Cento anni dopo

IL PCI e la rivoluzione in occidente

di Paolo Ciofi

«Veniamo da molto lontano, e andiamo molto lontano» Queste parole di Palmiro Togliatti[1], il rivoluzionario costituente stratega della rivoluzione in Occidente, dal quale non si può prescindere ricordando il Pci, danno il senso di un percorso lungo e complicato, che dai primi passi di Amadeo Bordiga e Antonio Gramsci si dipana poi lungo tutto il Novecento. Fino alla guida del partito da parte dello stesso Togliatti, cui seguiranno Luigi Longo ed Enrico Berlinguer.

[1] P. Togliatti, Per la sfiducia al IV governo De Gasperi 26 settembre 1947, in Discorsi parlamentari, Camera dei deputati 1984

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La storia del Pci, fra processi di apprendimento e strategia egemonica

Alexander Höbel *


* Il presente contributo è in uscita anche nel numero di gennaio 2021 della rivista online “Malacoda”.

1. Una storia organica, una strategia di lunga durata

La storia del Partito comunista italiano, di cui nel gennaio 2021 si celebrerà il centenario della fondazione, è stata da sempre oggetto, oltre che di una storiografia spesso straordinaria (si pensi a Paolo Spriano ed Ernesto Ragionieri), anche di molte letture deformanti, viziate dal pregiudizio ideologico quando non dalla vera e propria incomprensione. Tale tipo di revisionismo storico applicato a una vicenda grande e complessa come quella del Pci ha conosciuto ovviamente una nuova fioritura dopo il 1989-91, trovando nuovi adepti a destra ma anche a sinistra. La fine non esaltante del Pci, avviata dalla svolta occhettiana della Bolognina, a indotto molti a rileggere in negativo tutta quella storia, oppure a individuare questo o quel “peccato originale”, da cui sarebbe iniziata – come un processo inevitabile – la dissoluzione del partito: la “svolta di Salerno” del 1944, il “compromesso storico” ecc. La conseguenza è che la vicenda del Pci viene “fatta a pezzi”, assumendone solo alcune parti e liquidando il resto.

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VERSO IL 21 GENNAIO (12)

Questo è l’ultimo articolo scritto da Gramsci prima dell’inizio del congresso di Livorno (il 15 gennaio)-, poi infatti  è a Livorno

A. Gramsci, Un monito, in “L’Ordine Nuovo”, 15 gennaio 1921

È caso od è fortuna quella che vuole che il Congresso del Partito socialista italiano si raduni a Livorno nel giorno anniversario del sacrificio di Carlo Liebknecht? Noi non crediamo né alle date fatali né alle fatidiche coincidenze della storia, e non crediamo nemmeno che lo spirito dei morti abbia potere di ritornare tra i vivi e di ispirarli. Ma se quelli di cui si commemora la fine sono i “nostri” morti, sono coloro che caddero con le armi levate nel fervore della lotta, e con lo spirito teso, nelle alternative disperate del combattimento, a resistere, ad attendere, a sperare – di questi morti anche noi sentiamo la vitalità eterna, sentiamo noi pure la permanenza dello spirito loro, animatore, tra di noi, per questi morti anche noi, quasi, ci sentiamo di ripetere le parole della fiduciosa superstizione cristiana: essi sono vivi ancora, e giudicano, e attendono. In realtà, siamo noi stessi che giudichiamo e attendiamo, ma vogliamo pensare l’azione e il giudizio nostro, in questi momenti supremi, come ispirati, quasi dettati da un insegnamento sorgente dalla vita di chi tanto più intensamente di noi ha operato per l’affermazione e la vittoria dei principi nostri.

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VERSO IL 21 GENNAIO (11)

A cura di Guido Liguori, a partire dal 1 gennaio, pubblichiamo sul nostro sito ogni giorno, un articolo di Gramsci apparso sull’Ordine Nuovo più o meno negli stessi giorni di 100 anni fa.

A. Gramsci, Forza e prestigio, in “L’Ordine Nuovo”, 14 gennaio 1921

La relazione con la quale l’attuale Direzione del Partito Socialista Italiano presenta al Congresso di Livorno l’attività propria e di tutto il partito negli ultimi quindici mesi è degna, in realtà, nel suo arido schematismo burocratico, di quella che è stata in questi mesi la vita del partito e quasi sembra fatta apposta per concludere, senza variare di stile, un periodo che forse non sarà ricordato se non perché in esso è maturata nell’avanguardia rivoluzionaria del proletariato italiano la coscienza della necessità di spezzare l’unità formale e burocratica del Partito Socialista per raggiungere nel Partito Comunista una unità sostanziale di azione e di pensiero.

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VERSO IL 21 GENNAIO (10)

A cura di Guido Liguori, a partire dal 1 gennaio, pubblichiamo sul nostro sito ogni giorno, un articolo di Gramsci apparso sull’Ordine Nuovo più o meno negli stessi giorni di 100 anni fa.

A. Gramsci, Il Congresso di Livorno, in “L’Ordine Nuovo”, 13 gennaio 1921

Il Congresso di Livorno è destinato a diventare uno degli avvenimenti storici più importanti della vita italiana contemporanea. A Livorno sarà finalmente accertato se la classe operaia italiana ha la capacità di esprimere dalle sue file un partito autonomo di classe, sarà finalmente accertato se le esperienze di quattro anni di guerra imperialista e di due anni di agonia delle forze produttive mondiali hanno valso a rendere consapevole la classe operaia italiana della sua missione storica.

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VERSO IL 21 GENNAIO (9)

A cura di Guido Liguori, a partire dal 1 gennaio, pubblichiamo sul nostro sito ogni giorno, un articolo di Gramsci apparso sull’Ordine Nuovo più o meno negli stessi giorni di 100 anni fa.

A. Gramsci, Muli bendati, in “L’Ordine Nuovo”, 12 gennaio 1921

I giornali borghesi diffondono in milioni di esemplari la prefazione che Filippo Turati ha scritto per il libro del comm. Pozzani e di Gregorio Nofri: La Russia com’è. La prefazione è un monumento di ipocrisia democratica e di sfacelo morale. Filippo Turati si pone infatti nella situazione di uno che vuol “difendere” la classe operaia italiana dalla “congiura del silenzio”, dalla “diplomazia segreta”, dalle “disoneste parole di bugia” sulla Russia dei Soviet; e viene subito, spontanea, la domanda: – Perché questo amore di verità, perché questa onestà di parola Filippo Turati non ha messo al servizio della classe operaia italiana durante la guerra imperialista?

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