Svolta di Salerno

Nell’80° anniversario della “svolta di Salerno”, lanciata da Palmiro Togliatti nella primavera del 1944, Futura Umanità. Associazione per la storia e la memoria del Pci, organizza un convegno nazionale sul tema Togliatti, la svolta di Salerno e le radici della Repubblica.
L’iniziativa si svolgerà sabato 25 maggio 2024, dalle 9.30 alle 17.30, a Napoli, presso il salone “G. Federico”, della Camera del Lavoro della Cgil, in via Toledo 353.
Interverranno: Aldo Abenante, Francesco Barbagallo, Luciano Canfora, Luciana Castellina, Francesca Chiarotto, Piero Di Siena, Eugenio Donise, Nino Ferraiuolo, Gianluca Fiocco, Adriano Giannola, Alexander Höbel, Corrado Morgia, Aldo Tortorella, Lucia Valenzi, Massimo Villone.
Seguirà nei prossimi giorni la locandina con il programma dettagliato.

Gramsci, i nuovi sentieri del suo pensiero

Di Lelio La Porta

Pubblichiamo la recensione di Lelio La Porta al volume di Guido Liguori “Nuovi sentieri gramsciani ” (Bordeaux edizioni), apparsa su “il manifesto” il 23 aprile 2024.

Percorrere il pensiero e l’opera di Antonio Gramsci significa incamminarsi lungo un sentiero la cui asperità è tale che raggiungere l’obiettivo dell’ampliamento della conoscenza e dell’approfondimento delle categorie del marxista sardo corrisponde a quello che sosteneva Seneca nel suo Hercules furens: «non esiste alcuna via semplice dalla terra alle stelle». È necessario, perciò, dotarsi, per affrontare un sentiero, anzi, più sentieri così complessi di un metodo (proprio nel senso etimologico del termine, ossia avere un’indicazione di direzione) appropriato, un metodo suggerito dallo stesso Gramsci quando, riferendosi a Marx ma in realtà parlando di se stesso, scriveva che «La ricerca del leitmotiv, del ritmo del pensiero in isviluppo, deve essere più importante delle singole affermazioni casuali e degli aforismi staccati». A questo metodo fa esplicito riferimento Guido Liguori nella Premessa del suo ultimo lavoro (G. Liguori, Nuovi sentieri gramsciani, Bordeaux, Roma, 2024, pp. 291, €.20,00) nella quale si legge: «per capire Gramsci bisogna affidarsi in primo luogo a una attenta ermeneutica dei testi (di tutti i testi gramsciani) che non lasci spazio ai voli pindarici, all’estrapolazione dei concetti, alle deduzioni non fondate anche se spesso comode perché in accordo con lo spirito del tempo».

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Antonio Gramsci, il giornalista militante e gli anni torinesi

Di Guido Liguori

Pubblichiamo la recensione di Guido Liguori, apparsa il 27 aprile su “il manifesto”, in merito al volume di scritti gramsciani dell’anno “1918”, curato da Leonardo Rapone e Maria Luisa Righi, uscito nell’ambito della “Edizione nazionale degli scritti di Antonio Gramsci”.

«La libertà economica si dimostrò subito dottrina di classe: gli strumenti di produzione, pur circolando, rimasero proprietà di una minoranza sociale; il capitalismo fu anch’esso un privilegio di pochi, che tendono a diventar sempre più pochi, accentrando la ricchezza per sottrarsi cosi alla concorrenza col monopolio. La maggioranza dei diseredati cerca allora nell’associazione il mezzo di resistenza e di difesa dei propri interessi. Le libertà, concepite solo per l’individuo capitalista, devono estendersi a tutti… Le associazioni proletarie educano gli individui a trovare nella solidarietà il maggiore sviluppo del proprio io». Il brano è tratto da un articolo gramsciano del 9 marzo 1918, che testimonia di alcuni dei motivi più originali presenti nel Gramsci degli anni torinesi: un’idea di libertà nella solidarietà che viene posta alla base dell’alternativa socialista a un capitalismo che aveva tradito anche le sue stesse premesse e promesse liberali. L’articolo si intitola Individualismo e collettivismo, ed è ora riproposto nel nuovo volume pubblicato nell’ambito dell’«Edizione nazionale degli scritti di Antonio Gramsci», dedicato agli scritti del 1918: Scritti (1910-1926), vol. 3: 1918, a cura di Leonardo Rapone e Maria Luisa Righi (Istituto della Enciclopedia italiana, 2024, pp. 1004, euro 70).

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Ghirlanda fiorentina

Di Gianpasquale Santomassimo

Alla luce delle rinnovate polemiche sull’azione partigiana che portò alla morte di Giovanni Gentile e all’attuale apologia del filosofo compromesso col fascismo (compreso quello particolarmente efferato della Repubblica di Salò), riproponiamo un articolo dello storico Gianpasquale Santomassimo pubblicato sul “Manifesto” l’11 maggio 2014 (“Omicidio Gentile, cinque obiezioni“), che costituisce un’ottima messa a punto sulla vicenda.

È singolare che di fronte a un omicidio politico apertamente e quasi orgogliosamente rivendicato dai comunisti siano sorti tanti dubbi e ipotesi stravaganti. Si parla dell’uccisione di Giovanni Gentile, eseguita da un comando dei GAP il 15 aprile 1944. Aveva cominciato Luciano Canfora nel 1985 (La sentenza, edizioni Sellerio), che però era partito da un problema reale: l’aggiunta finale di Girolamo Li Causi a un articolo di condanna di Gentile scritto da Concetto Marchesi e che poteva suonare appunto come una sentenza di morte. Poi si sono aggiunti nel tempo testi di vari autori che hanno finito per dar vita a un cospicuo filone di letteratura complottistica.

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Il socialista che non trovò mai il socialismo

La bella politica di una generazione che non c’è più

Di Giovanni Princigalli1

Nel 1964, esattamente 60 anni fa, nasceva il Partito Socialista di Unità Proletaria, il PSIUP. Fu fondato dalle due principali correnti della sinistra del PSI: quella morandiana guidata da Tullio Vecchietti e quella più piccola capeggiata da Lelio Basso. La prima era d’ispirazione marxista-leninista, la seconda s’ispirava al marxismo rivoluzionario e libertario di Rosa Luxemburg.

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Squarcio rosso

Di Lelio La Porta

Pubblichiamo la recensione di Lelio La Porta del testo “Squarcio rosso. Berlinguer, Craxi e la sinistra in pezzi”, di Giampiero Calapà (Ed. Bordeaux, 2023), la cui versione ridotta è stata pubblicata su “Il Manifesto” il 3 aprile scorso (l’articolo in questione reperibile alla seguente pagina web)

Enrico Berlinguer, del quale in questo anno ricorre il quarantesimo anniversario della morte (11 giugno 1984), fu eletto segretario del Pci al termine del XIII Congresso nel 1972 e rimase in carica fino al momento della sua drammatica scomparsa. Bettino Craxi fu nominato segretario del Psi nel luglio del 1976 dal Comitato Centrale del partito riunitosi all’Hotel Midas di Roma in seduta straordinaria in seguito all’esito in realtà non proprio esaltante delle elezioni politiche svoltesi il mese prima che avevano, al contrario, registrato un’avanzata impetuosa dei comunisti. Rimase in carica fino al 1993 e fra il 1983 e il 1987 fu Presidente del Consiglio dei Ministri. Il “duello” al quale i due diedero vita fra gli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta del secolo scorso viene ripercorso da Giampiero Calapà (Squarcio rosso. Berlinguer, Craxi e la sinistra in pezzi, prefazione di Gianluca Fiocco, Bordeaux, Roma 2023, pp. 206, €. 16,00).

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