70 anni fa, sotto l’impulso decisivo dei comunisti, iniziava la Resistenza antifascista | Alexander Höbel

70 anni fa, il 29 agosto 1943, si ricostituiva a Roma la Direzione provvisoria del Pci, divisa in due gruppi: quello di Roma, con Scoccimarro, Longo, Amendola, Novella, Roveda; e quello di Milano, con Massola, Secchia, Roasio, Li Causi e Negarville. La direzione decise di intensificare la mobilitazione contro il governo e per il ripristino di tutte le libertà, di rafforzare l’unità d’azione col PSI, e costituire ovunque “Comitati di fronte nazionale” dotandoli di un respiro di massa. Ricorderà Amendola in Lettere a Milano:

Con Longo, abbandonato il luogo della riunione, ci recammo in via Po dove Pintor ci avrebbe portato le ultime notizie. Egli ci confermò […] che l’armistizio era virtualmente concluso e che si sperava in un breve rinvio dell’annuncio per permettere la preparazione della difesa di Roma. Fu in quel momento che Longo assunse la direzione della lotta di liberazione. Lo vedo ancora camminare in silenzio per la stanza e poi mettersi a scrivere la bozza di quello che sarà il ‘Promemoria sulla necessità urgente di organizzare la difesa nazionale contro l’occupazione e la minaccia dei colpi di mano da parte dei tedeschi’. Questo promemoria porta la data del 30 agosto. Era infatti passata da poco la mezzanotte quando Longo finì di correggere il testo del promemoria.

Nel testo si propongono la rottura dell’alleanza con la Germania, l’armistizio, la preparazione della difesa del Paese, la collaborazione a tal fine fra esercito e popolo, l’”armamento di unità popolari” di combattimento (quelle che saranno le brigate partigiane), la cooperazione tra i comandi militari e il Fronte Nazionale, e infine si sottolinea la necessità di “liquidare tutte le sopravvivenze fasciste nell’apparato dello Stato”, e di “portare ai posti di maggiore responsabilità uomini di sicura fede democratica, decisi a lottare fino in fondo contro l’occupante tedesco e i suoi strumenti: i fascisti italiani”. Il Promemoria, come scriverà Amendola, è “il primo atto compiuto dal PCI per l’inizio della Resistenza.L'insurrezione è in atto

Il giorno seguente, il documento viene presentato alla riunione con gli altri partiti di sinistra. Longo vi partecipa con Scoccimarro e Amendola; vi sono poi Nenni, Saragat e Romita per il PSI, e Lussu, La Malfa e Bauer per il Partito d’azione. La maggior parte dei presenti ha partecipato all’esperienza unitaria costruita in Francia negli anni precedenti, e questo indubbiamente favorisce la loro intesa. Il testo di Longo è “accolto nella sostanza”, e la mozione approvata ribadisce l’esigenza di un governo formato dai partiti antifascisti, e intanto il ruolo di guida del Fronte nazionale. Viene infine istituita una “giunta militare tripartita”, composta dallo stesso Longo, Pertini e Bauer: una decisione che suscita una grande impressione negli altri partiti e favorisce un loro maggiore dinamismo. Di fatto, è l’inizio della Resistenza.

“Edo” D’Onofrio, un rivoluzionario professionale di Osvaldo Sanguigni

Il 14 agosto 2013 alle 10,30 al Verano, nel “mausoleo” dei dirigenti del PCI verrà onorata la memoria di Edoardo D’Onofrio, nel 40° della sua improvvisa scomparsa che gettò nel dolore il PCI e gran parte del popolo romano. “Edo” è stato uno dei massimi dirigenti del PCI e parlamentare di lungo corso, fino a quando nel 1968 decise di non presentare la sua candidatura a deputato “per fare largo ai giovani”. “Edo” oltre ad essere un uomo politico fu un grande organizzatore ed educatore di quadri comunisti. Egli fu integerrimo nella difesa e nella diffusione di quelli che riteneva gli ideali e i principi del comunismo, riuscendo, nel contempo, a mantenere sempre vivi in sé un profondo tratto umano e il rispetto delle persone con cui aveva occasione di confrontarsi. Per questo ancora oggi, a quaranta anni di distanza, in molti di noi che lo hanno conosciuto e in me stesso, resta come indelebile il ricordo e la memoria di lui e il desiderio di trasmetterli ai giovani, i quali dalla biografia di “Edo”, come anche di altri dirigenti comunisti, possono ancora trarre utili insegnamenti e, soprattutto, l’idea che non occorre mai rinunciare a lottare per un futuro migliore.

Edoardo D’Onofrio nacque a Roma nel 1901. Da operaio, artigiano, come lui si considerava, aderì giovanissimo alla FGS nel 1917 e nel 1921 fu tra i fondatori del PCI. Fu direttore del giornale giovanile L’Avanguardia e redattore de L’Unità, subito dopo la sua fondazione. Condannato dal tribunale speciale fascista a dodici anni di carcere, fu liberato per amnistia nel 1935. In libertà vigilata a Terracina riuscì a fuggire dall’Italia e riparare in Francia. Allo scoppio della guerra civile spagnola fu,insieme a Togliatti e a Luigi Longo, organizzatore delle Brigate Internazionali in Spagna. Nel 1941 si recò in URSS, dove svolse un gran lavoro verso i soldati italiani prigionieri. Questa sua attività fu oggetto poi in Italia di una vergognosa campagna contro di lui e contro l’Unione Sovietica. Tornato dopo la seconda guerra mondiale in Italia , nel 1945 divenne segretario della Federazione romana del PCI e anche segretario regionale del PCI. Sotto la sua

D'Onofrio con Palmiro Togliatti
D’Onofrio con Palmiro Togliatti

direzione il PCI a Roma e nel Lazio conseguì grandi successi e posero le basi per la futura Roma democratica e di sinistra. Fu a lungo membro della Direzione e della Segreteria nazionale del PCI. D’Onofrio fu molto apprezzato nel PCI e fuori per le sue doti politiche e le sue grandi qualità umane. Fu un dirigente assai amato dal popolo romano, del quale seppe interpretare le profonde aspirazioni. Ricopri anche varie cariche istituzionali. Fu membro della Consulta Nazionale, della Costituente, del primo Senato della Repubblica Italiana, per diritto e parlamentare dal 1953 al 1968. Nel 1953 fu il primo comunista ad essere eletto vice-presidente della Camera dei deputati. Di lui scrissero Longo e Berlinguer: “La sua vita di rivoluzionario sarà di esempio a tutti i militanti del movimento operaio e per le nuove generazioni”.

D'Onofrio a Pietralata

Lo vogliamo ricordare qui oggi anche con un suo scritto: la lettera al direttore di “Rinascita” del febbaraio 1960, che fu pubblicata con il titolo “Le borgate di Roma e il romanzo di Pasolini”. 

«Caro Direttore, alcuni compagni, durante il congresso della Federazione romana, mi hanno chiesto di tornare a esprimere sulle colonne di “Rinascita” la mia opinione sul libro di Pier Paolo Pasolini Una vita violenta, che qualche mese fa ebbi occasione di dire in un dibattito pubblico sullo stesso tema, alla sezione della Garbatella di Roma. L’invito mi è stato rivolto dai compagni in riferimento a quanto il compagno Montagnana ha scritto su questo libro nel fascicolo di gennaio di “Rinascita”, perché sapevano che su Una vita violenta avevo manifestato il mio consenso, ritrovando in essa riflesso e riprodotto uno squarcio di vita romana in un momento della storia del movimento popolare a Roma. …»