“Edo” D’Onofrio, un rivoluzionario professionale di Osvaldo Sanguigni

Il 14 agosto 2013 alle 10,30 al Verano, nel “mausoleo” dei dirigenti del PCI verrà onorata la memoria di Edoardo D’Onofrio, nel 40° della sua improvvisa scomparsa che gettò nel dolore il PCI e gran parte del popolo romano. “Edo” è stato uno dei massimi dirigenti del PCI e parlamentare di lungo corso, fino a quando nel 1968 decise di non presentare la sua candidatura a deputato “per fare largo ai giovani”. “Edo” oltre ad essere un uomo politico fu un grande organizzatore ed educatore di quadri comunisti. Egli fu integerrimo nella difesa e nella diffusione di quelli che riteneva gli ideali e i principi del comunismo, riuscendo, nel contempo, a mantenere sempre vivi in sé un profondo tratto umano e il rispetto delle persone con cui aveva occasione di confrontarsi. Per questo ancora oggi, a quaranta anni di distanza, in molti di noi che lo hanno conosciuto e in me stesso, resta come indelebile il ricordo e la memoria di lui e il desiderio di trasmetterli ai giovani, i quali dalla biografia di “Edo”, come anche di altri dirigenti comunisti, possono ancora trarre utili insegnamenti e, soprattutto, l’idea che non occorre mai rinunciare a lottare per un futuro migliore.

Edoardo D’Onofrio nacque a Roma nel 1901. Da operaio, artigiano, come lui si considerava, aderì giovanissimo alla FGS nel 1917 e nel 1921 fu tra i fondatori del PCI. Fu direttore del giornale giovanile L’Avanguardia e redattore de L’Unità, subito dopo la sua fondazione. Condannato dal tribunale speciale fascista a dodici anni di carcere, fu liberato per amnistia nel 1935. In libertà vigilata a Terracina riuscì a fuggire dall’Italia e riparare in Francia. Allo scoppio della guerra civile spagnola fu,insieme a Togliatti e a Luigi Longo, organizzatore delle Brigate Internazionali in Spagna. Nel 1941 si recò in URSS, dove svolse un gran lavoro verso i soldati italiani prigionieri. Questa sua attività fu oggetto poi in Italia di una vergognosa campagna contro di lui e contro l’Unione Sovietica. Tornato dopo la seconda guerra mondiale in Italia , nel 1945 divenne segretario della Federazione romana del PCI e anche segretario regionale del PCI. Sotto la sua

D'Onofrio con Palmiro Togliatti
D’Onofrio con Palmiro Togliatti

direzione il PCI a Roma e nel Lazio conseguì grandi successi e posero le basi per la futura Roma democratica e di sinistra. Fu a lungo membro della Direzione e della Segreteria nazionale del PCI. D’Onofrio fu molto apprezzato nel PCI e fuori per le sue doti politiche e le sue grandi qualità umane. Fu un dirigente assai amato dal popolo romano, del quale seppe interpretare le profonde aspirazioni. Ricopri anche varie cariche istituzionali. Fu membro della Consulta Nazionale, della Costituente, del primo Senato della Repubblica Italiana, per diritto e parlamentare dal 1953 al 1968. Nel 1953 fu il primo comunista ad essere eletto vice-presidente della Camera dei deputati. Di lui scrissero Longo e Berlinguer: “La sua vita di rivoluzionario sarà di esempio a tutti i militanti del movimento operaio e per le nuove generazioni”.

D'Onofrio a Pietralata

Lo vogliamo ricordare qui oggi anche con un suo scritto: la lettera al direttore di “Rinascita” del febbaraio 1960, che fu pubblicata con il titolo “Le borgate di Roma e il romanzo di Pasolini”. 

«Caro Direttore, alcuni compagni, durante il congresso della Federazione romana, mi hanno chiesto di tornare a esprimere sulle colonne di “Rinascita” la mia opinione sul libro di Pier Paolo Pasolini Una vita violenta, che qualche mese fa ebbi occasione di dire in un dibattito pubblico sullo stesso tema, alla sezione della Garbatella di Roma. L’invito mi è stato rivolto dai compagni in riferimento a quanto il compagno Montagnana ha scritto su questo libro nel fascicolo di gennaio di “Rinascita”, perché sapevano che su Una vita violenta avevo manifestato il mio consenso, ritrovando in essa riflesso e riprodotto uno squarcio di vita romana in un momento della storia del movimento popolare a Roma. …»