Un blocco mediatico pretende il consenso popolare alla guerra

di Fabrizio De Sanctis *

*Presidente Anpi di Roma

dal “Il Fatto Quotidiano”, 24 aprile 2022

Che cosa significa esattamente vincere la guerra? Al quesito implicitamente posto dal Pontefice, in occasione dell’Angelus del 10 aprile, nessuno ha risposto.

Col passare dei giorni e delle settimane la mattanza avviata dal governo russo contro l’Ucraina non accenna a placarsi. Si moltiplicano così le violenze, le atrocità e quegli eccidi che lo sviluppo tecnologico ha portato in dote sui moderni campi di battaglia. Maggiore è il sacrificio di vite umane e minore risulta la disponibilità delle parti a raggiungere compromessi. È così che la via del negoziato e della pace, con cui porre fine alle violenze e alle sofferenze contro i civili ucraini, scompare dall’orizzonte.

Di fronte a questo fatale avvitamento della crisi bellica nessuno sembra concretamente adoperarsi per spegnere un incendio, che rischia di divampare nel vecchio continente e non soltanto.

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Giusta l’equidistanza da torti, errori e furbizie

di Guido Liguori

dal manifesto del 22/4/2022

In vista del 25 aprile si intensifica la polemica contro l’Anpi, per non essersi schierata senza distinguo con il nutrito fronte dei sostenitori di Kiev nell’attuale guerra in Ucraina. L’obiezione che da diverse parti le è stata rivolta è la seguente: poiché l’Anpi nasce da una esperienza di lotta armata, essa non può essere «pacifista». Tale atteggiamento vorrebbe dire rinnegare le proprie radici, cioè quella lotta armata per la libertà che è stata la Resistenza italiana.

Dico subito che si tratta a mio avviso di una tesi – quella che vede una intrinseca contraddizione nella scelta «pacifista» dell’Anpi – di scarso fondamento.

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Addio a Aldo Garzia

di Guido Liguori

La morte di Aldo Garzia mi colpisce dolorosamente. Lo conoscevo dai tempi dell’università, metà anni 70. Forse anche da prima, visto che facevamo entrambi parte del manifesto (movimento politico) prima e del Pdup pc poi. Sicuramente ci conoscemmo nelle riunioni e nelle serate in trattoria di quella sinistra romana, perché lui faceva Sociologia, che aveva sede a Magistero e non frequentava le lezioni alla Città universitaria, dove allora io seguivo i corsi di Filosofia (e quante lotte, per non essere deportati a Villa Mirafiori). Non ci frequentammo mai assiduamente, ma ci incontravamo continuamente: anche nel PCI negli anni 80, nella sinistra a sinistra degli occhettiani dopo. Moltissimi sono i momenti di incontro e dialogo con lui che ricordo. Ne cito solo uno: alla fine dell’intervento di Ingrao al XVII Congresso (Firenze, 1986) Aldo mi disse tutto infervorato: “Ingrao ha riaperto il Congresso!”. Io, più scettico, anzi cinico, o forse semplicemente più informato dei fatti (Critica Marxista si faceva a Botteghe Oscure e dunque frequentavo sia pure da ospite le “segrete stanze”), gli risposi prendendolo un po’ in giro: non si riapre niente, il Congresso è già finito prima di iniziare… Ma in quel fervore ingraiano c’era tanto della passione politica di Aldo, quasi a sfiorare l’ingenuità, nonostante l’aria di disincantato che amava assumere. Negli ultimi anni aveva iniziato a collaborare a “Critica Marxista”, scrivendo ad esempio sulle nuove edizioni dei libri del Che o di una recente riflessione collettiva Lucio Magri. Cuba e la Svezia erano due suoi grandi amori da tanto tempo, vi aveva dedicato libri, lunghi soggiorni (anche una casa a Cuba), bellissimi reportage. Ogni tanto mi telefonava, per proporre un pezzo o parlare di un classico del marxismo o avere notizie su un certo editore. Purtroppo, anche per la pandemia, non sono mai andato a trovarlo nella sua repubblica popolare del Testaccio. E questo resta un rammarico. Ciao Aldo carissimo.