Paolo Ciofi ci ha lasciati. Ho un grande dispiacere nel cuore.
È stato per me un compagno, un amico e un maestro che non ha mai abbandonato l’impegno politico e culturale per una transizione ad una società di nuovo socialismo nel solco e nell’insegnamento del Partito Comunista Italiano. È stato importante per la mia formazione e scelta politica quando era segretario della federazione di Roma del PCI.
Lo incontrai nel 1976-’77. Io segretario della sezione P. Togliatti (via Chiovenda), uno dei tanti, lui il segretario della federazione, una autorità.
Lo ricordo sempre con piacere, quando venne a concludere una conferenza di zona, e mi citò positivamente nel suo discorso di chiusura. La cosa mi inorgoglì veramente. Era la grande soddisfazione che un compagno di base provava per l’impegno volontario, e a tempo pieno, che dedicava alla causa del socialismo e della democrazia attraverso il lavoro di Partito.
Anni difficili quelli. Tra avanzate elettorali, attacchi terroristici e sconfitte politiche.
Nei quartieri si doveva sostenere lo scontro per garantirci la possibilità di fare politica, di affiggere i manifesti e fare volantinaggi, di vendere l’Unità, di fare manifestazioni di quartiere senza essere assaltati dai gruppi violenti dell’autonomia.
Momenti di grandi discussioni ideali e di educazione all’iniziativa politica unitaria. Anche se la politica unitaria ci era un po’ indigesta.
Ciofi era un punto di riferimento. Con lui divenni un collaboratore del compagno Franco Funghi che dirigeva la formazione politica della federazione. Poi, la mia scelta del funzionariato, che ho sempre vissuto come un onore e una grande fortuna perché potevo fare quello che amavo fare: politica per i lavoratori, le persone più deboli e per la costruzione di una società socialista, cioè la rivoluzione democratica e antifascista.
Il PCI romano, una grande comunità di persone perbene, unita ma che discuteva sempre e spaccava il capello. Certamente si esagerava un po’.
Poi, con Ciofi, mi sono ritrovato nella battaglia contro lo scioglimento del partito che significava l’anticamera dell’abbandono di una visione di trasformazione socialista e della visione del partito quale strumento di massa per la formazione di una nuova classe dirigente operaia e popolare.
Paolo non ha mai abbandonato questo impegno e obiettivo. Ed è un grande merito.
E proprio su questo punto, ci siamo ritrovati dopo molti anni nella associazione “Futura Umanità”, dove ho ritrovato e incontrato compagne e compagni veramente eccezionali e seri.
Paolo mi propose di iscrivermi dopo una lunga chiacchierata in un bar adiacente al teatro Argentina. Io accettai volentieri, non solo per lo scopo di mantenere viva la memoria la cultura e la politica del PCI, ma per la sua volontà di approfondire la ricerca di un nuovo socialismo incardinato nella Costituzione. Mi colpì, poi, positivamente la sua carica innovativa di ricercare nelle opere di Marx i concetti sulla valorizzazione della natura, che andava liberata dallo sfruttamento capitalistico e collocata in una visione socialista. A questo tema avevo dedicato molto del mio impegno politico e culturale, e ciò lo rendeva, ai miei occhi, un vero innovatore.
Oltre all’affetto e alla riconoscenza politica e personale, debbo ringraziare Paolo per le piacevoli chiacchierate sulla politica e il socialismo oggi, ma anche per l’incoraggiamento che mi ha dato per realizzare la ricerca e la pubblicazione dei libri sulla Rivoluzione d’Ottobre e sulla storia del PCI.
Tra le cose importanti e belle che ho ricevuto da Paolo è stata anche la possibilità di conoscere Cicci, la sua meravigliosa e combattiva compagna di vita.
Alla cara Cicci do un forte abbraccio.
Grazie Paolo.