Dieci storie di Resistenza, contro il pericolo di perdere la memoria

Di Lelio La Porta

(Il seguente articolo di Lelio La Porta è stato già pubblicato su “il manifesto”, il 13 agosto scorso)

Scaffale «Il 25 aprile è divisivo solo se sei fascista» di Rosario Esposito La Rossa, per Marotta&Cafiero editori. Centrali, nel volume, le vicende di due partigiane: Irma e Gilda

Entrare oggi in una scuola superiore italiana e chiedere alle studentesse e agli studenti quali siano le loro conoscenze relative a Mussolini, ai suoi camerati, da Italo Balbo a Galeazzo Ciano, fino all’arruolamento, forse un poco forzato ma non per questo non accettabile, fra i fascisti della prima ora del Vate Gabriele D’Annunzio, potrebbe lasciare basiti; soprattutto se, a seguire, alla stessa gioventù si chiedessero dieci nomi di partigiane e partigiani. Preparazione ottima sulla prima richiesta, pessima sulla seconda, da bocciatura. Il racconto di questa esperienza costituisce la motivazione profonda che ha spinto Rosario Esposito La Rossa, ideatore della «Scugnizzeria», libreria nella quale i bambini di Scampia passano pomeriggi formandosi attraverso corsi e attività ludiche, e, per questo, nominato Cavaliere della Repubblica dal Presidente Mattarella, a scrivere dieci storie di Resistenza raccolte nel volume Il 25 aprile è divisivo solo se sei fascista (Marotta&Cafiero, pp. 125, euro 16).

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Letture, presentazioni, autoformazione, confronti

Domani, 15 maggio, ore 19, presso LAB!PUZZLE BENECOMUNE, a Roma (Via Monte Meta 21- Tufello), si terrà la presentazione del libro “I manuali scritti di storia dell’epoca fascista. Il consenso costruito a scuola con menzogne, omissioni e censure” curato da Lelio La Porta.
Intervengono con il curatore Raul Mordenti e Diana La Porta.
Vi aspettiamo tutte e tutti!

Ghirlanda fiorentina

Di Gianpasquale Santomassimo

Alla luce delle rinnovate polemiche sull’azione partigiana che portò alla morte di Giovanni Gentile e all’attuale apologia del filosofo compromesso col fascismo (compreso quello particolarmente efferato della Repubblica di Salò), riproponiamo un articolo dello storico Gianpasquale Santomassimo pubblicato sul “Manifesto” l’11 maggio 2014 (“Omicidio Gentile, cinque obiezioni“), che costituisce un’ottima messa a punto sulla vicenda.

È singolare che di fronte a un omicidio politico apertamente e quasi orgogliosamente rivendicato dai comunisti siano sorti tanti dubbi e ipotesi stravaganti. Si parla dell’uccisione di Giovanni Gentile, eseguita da un comando dei GAP il 15 aprile 1944. Aveva cominciato Luciano Canfora nel 1985 (La sentenza, edizioni Sellerio), che però era partito da un problema reale: l’aggiunta finale di Girolamo Li Causi a un articolo di condanna di Gentile scritto da Concetto Marchesi e che poteva suonare appunto come una sentenza di morte. Poi si sono aggiunti nel tempo testi di vari autori che hanno finito per dar vita a un cospicuo filone di letteratura complottistica.

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La scuola, la storia, il sacrificio: Pilo Albertelli dal liceo al martirio

Di Lelio La Porta

Il 24 marzo per i romani, ma non solo, è un giorno particolare legato alla memoria di uno dei momenti più drammatici della nostra lotta di Liberazione dal nazifascismo di cui quest’anno ricorre l’ottantesimo anniversario. 335 massacrati alle Fosse Ardeatine, «la strage simbolo della Resistenza italiana» (M. Avagliano, M. Palmieri, Le vite spezzate delle Fosse Ardeatine. Le storie delle 335 vittime dell’eccidio simbolo della Resistenza, Einaudi, Torino, 2024, p. XXV), come rappresaglia per l’azione di guerra compiuta il 23 marzo a via Rasella nel corso della quale morirono 32 militari nazisti (il trentatreesimo spirerà dopo il ricovero). Periscono anche due civili (Pietro Zuccheretti, 12 anni, e Antonio Chiaretti, 48 anni). Contrariamente a quanto sostenuto dall’attuale Presidente del Senato, i nazisti, non essendo “una banda musicale di semi pensionati e non nazisti delle SS”, non diedero vita ad un concerto all’aperto ma iniziarono a sparare in tutte le direzioni (i fori dei proiettili sono ancora oggi ben visibili sui muri delle abitazioni fra via Rasella e via del Boccaccio) uccidendo 5 persone fra le quali Erminio Rossetti, di 20 anni, milite portuario del reparto speciale Ettore Muti e autista del questore Pino Caruso, che si adopererà attivamente per stilare una lista da aggiungere a quella già redatta da Kappler con i nominativi di quanti saranno assassinati alle Ardeatine. Vengono rastrellate sul posto 250 persone e allineate davanti palazzo Barberini. Quello che avvenne dopo non viene ripercorso in questa sede. La bibliografia è sterminata anche se corre l’obbligo di rammentare almeno un titolo, ossia Alessandro Portelli, L’ordine è già stato eseguito. Roma, le Fosse Ardeatine, la memoria, Donzelli, Roma, 1999. Va ricordato che lo stesso Kesselring, testimoniando il 16 novembre 1946 al processo contro i generali Von Mackensen e Maltzer, ammise che nessuna procedura fu attivata prima della rappresaglia per rivolgere un appello alla popolazione o agli attentatori e nessuna richiesta di consegnarsi fu presentata ai partigiani. La rappresaglia finalizzata all’eliminazione di massa faceva parte del sistema di occupazione nazista, partecipato dai fascisti della Rsi. Qui l’ormai anziano studente del “Liceo-Ginnasio Pilo Albertelli” vuole richiamare alla memoria il profilo di colui che fu una delle vittime del massacro e quello di un suo allievo di cui soprattutto i giovani sanno poco.

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