Ricordo di Togliatti

Di Sergio Gentili

Il 21 agosto del 1964 moriva Palmiro Togliatti. Insieme a Gramsci, Longo, Terracini, Camilla Ravera, Scoccimarro, Bordiga e tanti altri, fondarono il Pcd’I.

Combatterono il fascismo e mentre tutti i partiti democratici cessavano di esistere, i comunisti furono i soli a far vivere nella clandestinità il proprio partito.

Pagarono personalmente e duramente la scelta di essere antifascisti e rivoluzionari: ressero per decenni il carcere, il confino e la lontananza. Gramsci subì l’ingiuria del carcere e la morte che ne conseguì. Combatterono contro il fascismo in Spagna e nella Resistenza italiana, diressero la lotta unitaria di Liberazione dal nazifascismo. Furono, insieme ad altri, fondatori e costruttori della nuova democrazia. Scrissero la Costituzione italiana. Subirono la divisione del mondo in blocchi ostili e la guerra fredda. Furono dalla parte dei popoli che si liberavano dallo sfruttamento colonialistico. Sostennero l’Unione sovietica consapevoli della rottura storica che essa aveva determinato nel mondo e della carica liberatrice che la rivoluzione d’Ottobre, guidata da Lenin, ebbe per i popoli dell’impero russo, per la Cina, per i popoli sottoposti allo sfruttamento colonialista e per la classe operaia del mondo occidentale: per centinaia e centinaia di milioni di persone.

La rivoluzione d’Ottobre parlava ai lavoratori di tutto il mondo, diceva che era necessario e possibile rovesciare i governi e il sistema capitalistico responsabili della morte di milioni di giovani con la prima guerra mondiale e che, dopo due decenni, replicavano con la carneficina voluta da Hitler.

Gramsci segretario del partito e Togliatti, nel 1926 al congresso di Lione, definirono l’impianto strategico su cui si sarebbe dovuta svolgere la rivoluzione socialista in Italia. Nelle Tesi congressuali si svelarono i caratteri principali del capitalismo italiano, si individuarono le forze motrici della rivoluzione e, dato essenziale, si colse la necessità dell’unità della classe operaia, si propose l’alleanza strategica con i contadini poveri e i braccianti, guardando così, con occhi nuovi, alla “Quistione Meridionale”.

Quei giovani, fecero parte dell’Internazionale comunista, fondata da Lenin, dove si ritrovarono le forze socialiste che avevano fondato i partiti comunisti sulla base della valutazione che era in atto la crisi irreversibile del capitalismo e, pertanto, era matura e imminente la rivoluzione socialista in Europa e nel mondo. Quella valutazione si rivelò presto sbagliata come deleteria fu la scissione del movimento operaio internazionale. Invece della rivoluzione in Europa si affermava il fascismo e i regimi reazionari.

Alla scelta di dedicare la propria vita alla trasformazione socialista dell’Italia e del mondo, Togliatti rimase sempre fedele. Dopo drammatiche vicende politiche, divenne uno dei dirigenti più autorevoli dell’Internazionale. Qui, pur nei ristretti margini politici, rivendicò la “specificità” della storia e della situazione italiana, affermò e, sempre difese, l’autonomia politica e organizzativa dei comunisti italiani. Lo fece con l’analisi sul fascismo, con la politica di unità della classe operaia e delle sue rappresentanze politiche, con la rivalutazione strategica e rivoluzionaria della democrazia, con la richiesta dell’autonomia dei partiti comunisti, con il rifiuto sia del modello unico di socialismo che del partito guida come imponeva Stalin. La sua autonomia di pensiero lo portò a impostare la politica di unità nazionale, a contestare la tesi dell’inevitabilità della guerra e a considerare la pace non solo in funzione dell’Urss ma come valore intrinseco del socialismo e, dopo la morte di Stalin, sostenne che la pace è la condizione indispensabile per la sopravvivenza dell’umanità nell’era atomica.

Su diverse questioni entrò in contrasto con lo stesso Stalin. Ultimo episodio, quando Stalin nel 1951, gli propose di diventare segretario del Cominform (struttura di coordinamento dei partiti comunisti europei al governo), ma lui rifiutò. Si svolse allora una lotta politica delicatissima dove in discussione era proprio lui e la direzione politica del partito. Il gruppo dirigente del PCI nella sua grande maggioranza si schierò con Stalin. Togliatti, pur costretto a Mosca, la spuntò e fu un bene per il PCI e l’Italia. Distinzioni e rifiuti verso Stalin non erano certo privi di rischi personali, tanto più che una parte del gruppo dirigente del PCI era più che sensibile al richiamo sovietico.

Tutti i critici del PCI, di destra e di sinistra, interni ed esterni, hanno sempre tentato di alterare, sminuire e snaturare il pensiero e l’opera di Togliatti, etichettandolo come subalterno esecutore delle volontà di Mosca, uomo “doppio”, stalinista, riformista moderato e rinunciatario ecc. Queste caricature di comodo ricicciano periodicamente. Segno anche di una pigrizia e faziosità culturale permanente. Tuttavia, analizzando le sue scelte ideali e politiche, inserendole nelle concrete vicende storico-politiche che ha vissuto (non per giustificare o esaltare ma per capire meglio), si coglie la sua coerente fedeltà ai valori del socialismo, tanto che parte di essi sono presenti nella Costituzione italiana e ciò anche per un suo impegno diretto; si coglie la sua scelta di lottare per la realizzazione del socialismo e l’affermazione della classe operai come nuova classe dirigente.

Togliatti è stato un innovatore anche nelle forme dell’organizzazione della politica, ha ideato il “partito nuovo” dei lavoratori, ha innovato le alleanze della classe operai combattendo nel suo partito per affermare il ruolo fondamentale delle donne per la democrazia e per la società socialista, ha indicato nei giovani una nuova forza e ha determinato l’apertura del dialogo con il mondo cattolico. Tutte questioni che ritroveremo nel pensiero e nell’azione di Berlinguer.

Posizioni politiche e di principio elaborate e agite da Togliatti e dal PCI nel fuoco della lotta politica e sociale contro il centrismo e il regime democristiano, paladino dell’anticomunismo internazionale, che si distinse per la repressione violenta delle lotte dei lavoratori, le discriminazioni di socialisti e comunisti, le uccisioni mafiose di sindacalisti in Sicilia, l’occultamento delle trame fasciste.

Il tentato assassinio di Togliatti, che doveva provocare una spinta insurrezionale per poi reprimerla e mettere il PCI e il PSI fuori legge come chiedevano gli Usa e il Vaticano, fallì grazie all’avvedutezza di Togliatti, di Longo e di Secchia.

Togliatti, quindi, è stato un rivoluzionario italiano di statura internazionale, che ha innovato la cultura comunista indicando una strategia per l’avanzata verso società socialiste fondata sui valori e le istituzioni democratiche.

Il mondo di Togliatti non c’è più. I cambiamenti avvenuti sono stati profondi. È finita la storia dell’Unione sovietica, i suoi lati positivi e negativi, progressivi e dittatoriali, debbono essere oggetto di studio e di riflessione. E non c’è nessuna continuità con il regime capitalistico e dittatoriale di Putin.

Oggi, l’umanità ha difronte nuove e drammatiche sfide e la risposta del sistema capitalistico globalizzato a dominio americano non è in grado di affrontarle e di risolverle in termini democratici di uguaglianza e di pace.

Si ripropone, quindi, dopo l’ubriacatura liberista e sovranista la questione di fare un nuovo passo in avanti verso un mondo di pace, di eguaglianza, di pluralismo internazionale e di tutela ecologica.

Cioè verso società nuove, dai caratteri socialisti ed ecologisti. Le attuali sfide chiamano il mondo del lavoro ad una assunzione di responsabilità da classe dirigente. Sono sfide aperte anche per pensiero socialista/comunista.

Potrà aiutare, certamente, la rilettura del pensiero e dell’azione politica di Togliatti e di Gramsci. Mentre non varrà attardarci sulle idee di chi ha rinunciato alle idealità socialiste pensando che il modello liberal-democratico fosse la fine della storia, che ha abiurato, disgregato e disperso il grande patrimonio ideale, politico e umano costruito dal PCI.

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