di Giorgio Mele*

Quando Achille Occhetto alla Bolognina annunciò che il Pci sarebbe sparito cambiò in primo luogo la storia italiana, niente sarebbe rimasto come prima sotto tuti i punti di vista, storico, politico, sociale, culturale, simbolico, sentimentale. Scompariva una comunità che aveva costruito la democrazia italiana tra mille avvenimenti e pericoli.
Ma il primo vero mutamento avvertibile subito dopo l’annuncio di Occhetto riguardò i rapporti tra i compagni. Amicizie, collaborazioni, solidarietà, amori vennero investiti da questo terremoto. Ricordo la prima discussione molto accesa sotto Botteghe oscure davanti alla libreria Rinascita con una compagna con cui avevamo lavorato insieme per 20 anni. E poi tante altre discussioni, litigate. Fino ad allora i rapporti tra compagni e compagne erano caratterizzati da collaborazioni senza rigidità anche in presenza di posizioni diverse. Dopo quel dodici novembre 1989 si crearono inevitabilmente gli schieramenti pro e contro la proposta del segretario i rapporti interni anche personali si ridefinirono, scomponendosi e ricomponendosi su un altro livello.
Capitò quindi che ognuno di noi si ritrovò in associazione con compagne e compagni con amicizie consolidate ma anche con compagni e compagne che credevi lontani e tanti che non conoscevi.
Io lavoravo dall’84 in direzione al Bottegone nella commissione scuola e in quell’anno l’89 stavo a S. Luigi de francesi come “sottosegretario” del governo ombra con Aureliana Alberici e Luciana di Mauro che si schierarono subito a favore della “svolta” occhettiana. Io ero contro e la convivenza diveniva giorno per giorno più complicata e quindi tornai a Botteghe oscure a lavorare con Beppe Chiarante fieramente contrario alla svolta. Con lui, Tortorella, Ingrao mi trovai a lavorare per organizzare in tutta Italia l’area contraria allo scioglimento del Pci. Furono anni intensi, difficili, faticosi con giornate piene zeppe di riunioni, a Roma e fuori, che si conclusero con la scissione dei compagni che costituirono Rifondazione comunista e la costituzione del Pds. Io rimasi con Chiarante, Tortorella, Ingrao in questo partito a coordinare quella venne chiamata l’area dei comunisti democratici. Nel ’93 dopo l’uscita dal partito di Ingrao il 26 maggio divenni il coordinatore nazionale dell’area fino al 2001. E conobbi meglio i nostri compagni sia nelle riunioni nazionali in direzione che negli incontri nelle varie regioni.
Nelle settimane passate ho conosciuto il figlio di uno di quei compagni che attraversò con noi quel passaggio storico, Giacomo Princigalli di Bari e ne abbiamo parlato.
Prima della svolta non conoscevo il compagno Giacomo Princigalli. Feci la sua conoscenza in una riunione nazionale al quarto piano del Bottegone.
Princigalli era un compagno sempre presente, appassionato dall’aspetto un po’ scapigliato. Nelle nostre discussioni sia a Roma che a Bari interveniva portando in maniera netta il suo punto di vista, talvolta in forma spigolosa ma mai faziosa animava il nostro dibattito. Aveva in sé vari aspetti e caratteri come disse D’Alema ai suoi funerali Giacomo era contemporaneamente “socialista, anarchico, comunista, libertario.” Radicale ma mai estremo e chiuso all’ascolto degli altri.
Inoltre, si stava bene con lui, era una persona solidale e ospitale. Qualche volta sono stato nella sua casa dove, come mi ha ricordato il figlio, avevano sostato molti compagni. La sua casa era sempre aperta. Io ricordo delle piacevoli serate con belle mangiate.
Giacomo è morto nel 2017 e a lui hanno intitolato un parco nel rione Mungivacca di Bari. Dopo che vari intellettuali e personalità politiche tra cui Giuseppe Caldarola, Franco Cassano, Maria Celeste Nardini, Nichi Vendola, Nicola Fratoianni e Felice Laudadio firmarono un appello rivolto al sindaco di Bari per dedicargli un angolo della sua città.
Era figlio di Antonio Princigalli, magistrato e tenente colonnello dell’Esercito e di Maria Zell, natia di Bergamo di origini svizzere, tedesche, ed ebraiche.
Aveva due sorelle importanti Anna Maria comunista, che entrò nella Resistenza a Verbania militando nelle file della brigata garibaldina Valgrande Martire e della divisione Flaim, con la funzione di ufficiale e di capo ufficio propaganda. Fu catturata e torturata dai fascisti. Dopo la guerra diventerà pedagoga collaborando con Jean Piaget, Gianni Rodari e Dina Rinaldi, e parteciperà alla fondazione dei convitti rinascita, importante esperienza nata dal movimento partigiano, per mantenere “vivo nella fondazione della nuova scuola popolare lo spirito di libertà e di lotta per la democrazia che ha ispirato la Resistenza italiana”. Quanto a sua sorella Ada, ella fu una pioniera del giornalismo femminile italiano, essendo la prima giornalista donna al mondo ad essere accreditata in Cina dove visse per quasi 9 anni. Terminerà la sua carriera dirigendo l’ANSA di Parigi.
Prima di approdare al Pci Giacomo ebbe una lunga e partecipata militanza nel partito socialista. In questo si distinse dalla sua famiglia che dopo la guerra si iscrisse tutta al Pci.
Nel Psi Princigalli assunse ruoli importanti. Divenne membro dell’ufficio nazionale dei Giovani Socialisti e, successivamente vicesegretario provinciale partecipando come delegato ai congressi internazionali a Vienna, Bucarest, Praga e Berlino. Da giovane dirigente socialista prese parte attivamente e positivamente allo sviluppo della iniziativa della federazione barese.
Nel 1964 Princigalli, che era vicino alle posizioni di Rodolfo Morandi, seguì la sinistra del partito per fondare il PSIUP di cui divenne membro del comitato centrale nazionale, segretario provinciale della federazione barese oltre che segretario regionale della camera del lavoro. Nelle sue nuove funzioni fece parte della delegazione (assieme a Rino Formica e Vito Vittorio Lenoci) che accolse i sindacalisti del Vietnam del Nord, e del comitato di solidarietà con i greci all’indomani del golpe dei colonnelli.
Nel 1970 fu il solo eletto nelle file del PSIUP nel Consiglio Regionale pugliese, facendo così parte dei costituenti della Regione Puglia. Non erano tempi facili e a Bari le scorribande fasciste erano frequenti. In quell’anno ci fu un assalto fascista alla sede del PSIUP in cui venne coinvolto lo stesso Princigalli, che subì un’ulteriore aggressione fascista qualche tempo dopo come riportarono le cronache dei giornali locali.
Dopo lo scioglimento del PSIUP nel 1972, aderì al PCI e alla fine arrivò nel partito di tutta la sua famiglia anche se con qualche titubanza che non gli impedì partecipare attivamente e generosamente alla vita del partito. Venne rieletto consigliere regionale nel 75 e diventò capogruppo del partito nel 1980 succedendo a Giovanni Papapietro eletto al Parlamento europeo. Fu anche membro del comitato centrale del PCI dal 1977 al 1985.
Quando Massimo D’Alema divenne segretario regionale della Puglia lo chiamò nella segreteria regionale con incarichi di grande importanza.
E arriviamo all’89 in cui tutto mutò. Ho già detto che Princigalli fu molto attivo e presente sia in terra di Bari, come dicono da quelle parti, che a livello nazionale. Nei suoi interventi vi era un’inquietudine e rabbia su quello che stava accadendo, era preoccupato per le sorti della democrazia italiana di fronte alla scomparsa del più importante partito della sinistra. L’altra sua grande preoccupazione era per il deterioramento della situazione internazionale con le guerre nel golfo e incitava a rafforzare la nostra iniziativa pacifista. Queste due direttrici lo avrebbero sempre guidato nelle vicende che ci videro passare dal Pds, ai Ds quando mettemmo su la Sinistra Ds e poi quando non entrammo nel Partito democratico e scendemmo da quel treno che allontanava dall’Italia la prospettiva di mantenere in questo paese una sinistra autonoma forte e unitaria. Dopo il 2008 ci perdemmo di vista, ognuno di noi fuori dal Pd prese le sue strade vicine ma diverse e talvolta convergenti nello sforzo di ricostruire un partito della sinistra saldo nelle radici del socialismo che elaborasse come scrisse Giacomo Princigalli in una lettera alla Repubblica “una rinnovata strategia sui temi del lavoro, della solidarietà sociale, dei diritti civili, della pace.” Tentativo che finora non ci è riuscito. Ma noi siamo come era Giacomo testardi e tenaci.
* Giacomo Princigalli militante e dirigente del movimento operaio della Terra di Bari e della Puglia. È stato membro della Costituente regionale nella quale venne eletto con la lista del Psiup. Nel 1972, dopo lo scioglimento del Psiup, il passaggio al Pci. Ha partecipato con intelligenza e dedizione a tutta la vita della sinistra barese, socialista e comunista.