di Corrado Morgia
[Pubblichiamo uno scritto di Corrado Morgia in memoria di Marisa Rodano e un’intervista che lei stessa rilasciò allo stesso Morgia nel novembre 2021 e in seguito pubblicata sul numero 2/3 di Critica Marxista nel 2022.]

Ho conosciuto Marisa Rodano a metà degli anni Settanta, quando oltre ad essere consigliere provinciale a Roma, collaborava con Giuseppe Chiarante alla Consulta Nazionale della Scuola, organismo della direzione nazionale del Pci, al quale venivo invitato in quanto giovane insegnante e responsabile della commissione scuola della federazione romana del partito. Marisa era una compagna che incuteva un certo timore reverenziale, perché in molti conoscevamo, almeno in parte, la sua biografia, così densa di eventi, di impegni e di imprese, tanto da rappresentare un esempio perfetto di comunista italiana, esponente di quel “partito nuovo” che Togliatti aveva costruito a partire dal suo ritorno in Italia nel 1944. Marisa personificava quindi un modello, di serietà, di competenza, di militanza, di disciplina, di attaccamento al partito senza riserve, per cui si fa quello che il partito dice e si va dove il partito vuole. Naturalmente questo non significa che non si discutesse, viceversa si parlava tanto, a lungo e anche polemicamente, sia pure in modo disciplinato e rispettoso del centralismo democratico. Si dibatteva non solo sulle questioni di politica generale, ma anche su temi più settoriali, pure se importanti, come la politica universitaria e scolastica, di cui si occupavano altri autorevolissimi compagni, e compagne, tra cui ricordo Mario Alighiero Manacorda, Lucio Lombardo Radice, Alberto Alberti, Marino Raicich, Luciana Pecchiol, Bice Chiaromonte, Gabriele Giannantoni e Giovanni Berlinguer, tutte personalità forti, con un loro pensiero autonomo e che non sempre coincideva con la linea del partito, cosa che naturalmente suscitava dispute spesso elevatissime, in cui le riflessioni di Gramsci sulla scuola, e sulla cultura in genere, rappresentavano un punto di riferimento per tutti e tutte. Devo aggiungere che Chiarante, e la stessa Rodano, avevano una grande capacità di elaborazione e quindi di direzione e questo stimolava noi compagni di base a produrre analisi, a organizzare a nostra volta gli insegnati comunisti e a batterci per la “riforma della scuola”, forti di un bagaglio di idee, di proposte, di studi che fosse stato realizzato, anche solo limitatamente, avrebbe salvato la scuola italiana, attualmente alla deriva, sempre più nelle mani di ministri inadeguati, se non addirittura conservatori e reazionari, e quindi in condizioni deprimenti, malgrado il sacrificio personale, di tanti insegnanti, donne e uomini, che fanno ancora il loro lavoro con dedizione e sacrificio.
Marisa, nata Cinciari, era stata partigiana a Roma, nel Movimento dei Cattolici Comunisti, con Adriano Ossicini e Franco Rodano, che sarebbe diventato suo marito e al quale avrebbe dato una numerosa prole. Arrestata e condotta a Regina Coeli, in quei momenti terribili della occupazione nazista della capitale, avrebbe poi organizzato, sempre durante la Resistenza, i Gruppi di Difesa della Donna, antesignani dell’Udi, Unione Donne Italiane, associazione di cui Marisa fu fondatrice e dirigente. Una biografia dunque intensissima la sua, deputata, senatrice, parlamentare europea, prima donna ad essere eletta vicepresidente della camera, comunista fino allo scioglimento del partito e poi dirigente anche dei DS, sempre con un fermo ancoraggio a sinistra, tanto che, nel 2007, non accettò di entrare nel PD, partito che le sembrava negare le ragioni della svolta di Occhetto che aveva portato allo scioglimento del Pci, svolta da lei interpretata non come un addio alle armi, ma come l’apertura di una nuova fase di ricerca a sinistra e non certo come una scelta moderata. Nata nel 1921, esattamente il 21 gennaio, lo stesso giorno della nascita di quel partito comunista di cui sarebbe stata appunto prestigiosa esponente per tanti anni, Marisa aveva visto la caduta del muro di Berlino e la disgregazione dell’Urss, cui pure aveva guardato con interesse e almeno come contrappeso rispetto allo strapotere dell’imperialismo americano, veramente come il punto di partenza per un nuovo inizio e per nuove esperienze. Ma invece non andò così, prevalse una deriva centrista, fondata sulla cancellazione di un passato glorioso, anche se non privo di contraddizioni, che la portò a non sopportare più gli esiti di un travaglio che sembrava condurre il nuovo partito alla semplice gestione del potere e dello statu quo, senza slanci riformatori e innovatori, senza quella passione politica e morale che aveva caratterizzato gran parte della sua vita, vissuta così a lungo e così intensamente. Marisa si è battuta sempre per l’emancipazione e la liberazione della donna, lei moglie, madre, nonna sensibile e premurosa, matriarca di una famiglia che ha lasciato il segno nella storia d’Italia, e non solo in quella della sinistra, perché pur essendo sempre di parte, ha sempre vissuto quel suo essere partigiana come un modo di rappresentare al meglio il nostro paese, in uno spirito democratico, pacifista, internazionalista, antifascista, secondo il dettato costituzionale.
Marisa Cinciari Rodano ci lascia dunque una eredità di ideali, di cultura politica, di stile di vita, di passione, dedizione, competenza, coerenza con i propri principi e ci trasmette anche un modo di essere donna che può servire da punto di riferimento in un momento di estrema crisi come quello che stiamo oggi vivendo, quando sembrano prevalere valori e modi di essere antitetici rispetto a quelli de lei praticati e perseguiti. Per questo penso che possa essere additata alle giovani generazioni e a quanti si affacciano oggi alla vita, cominciando a guardarsi intorno, cercando qualcosa, qualcuno o qualcuna, da cui apprendere, a cui rapportarsi, Marisa Cinciari Rodano può fornire uno straordinario esempio. Ella sta davanti a noi come un monumento, non una statua di marmo distante, fredda e irraggiungibile, ma invece come persona che continua a vivere insieme e accanto a noi con la forza di tutto ciò che ha costruito e che ci trasmette perché noi, in qualche modo, si possa continuare la sua opera e portarla avanti. I comunisti italiani, donne o uomini che fossero, non si sono battuti invano, ci hanno donato un patrimonio che si incarna innanzitutto nella Costituzione del 1948, ancora oggi perfettamente valida e anzi in attesa di essere attuata in parti significative, forti di questo retaggio spetta a noi oggi sbarrare la strada a quanti vogliono cambiare l’assetto istituzionale del paese per instaurare un regime autoritario. Questo va impedito con tutte le nostre forze. Sono convinto che anche Marisa, come ha sempre fatto, si batterebbe al nostro fianco per evitare che questo pessimo cambiamento avvenga.

Dieci domande a Marisa Cinciari Rodano
Consentimi una premessa:La mia memoria purtroppo è molto indebolita. In secondo luogo a molte delle domande è difficile rispondere.
1) In una recente intervista a un noto quotidiano romano sostieni di aver condotto una vita normale, molto probabilmente questa affermazione è valida sul piano degli affetti e dei rapporti familiari, ma per tutto il resto la tua, in realtà, è una vita straordinaria, a cominciare dagli anni del liceo Visconti. Cosa ricordi di quell’epoca?
Ricordo che in seconda liceo con alcuni compagni della mia classe ci incontravamo con alunni del liceo Virgilio in un locale vicino alla scuola detto “La Scaletta” in Via del Seminario per discutere e anche per divertirci. Fu probabilmente li che nacque l’impegno politico.
2) Sei stata arrestata, sei entrata in clandestinità e poi hai intrapreso la lotta partigiana. A quali azioni hai partecipato e dove? Chi erano i tuoi compagni? C’erano molte altre donne oltre a te?
Ho svolto la mia azione prevalentemente a Roma e poi nei castelli romani. Diffondevamo la stampa clandestina, gettavamo chiodi a tre punte sulle strade percorse dai mezzi nazisti. Nessuno di noi aveva il suo vero nome. Io ad esempio mi chiamavo Nennella Cacciò, sfollata da Napoli. C’erano molte donne e senza di loro sarebbe stato impossibile svolgere l’attività clandestina. Ricordo in particolare l’attacco alle truppe naziste a Via Rasella e la rappresaglia nazista che portò alla strage delle Fosse Ardeatine.
3) Hai fatto parte del Movimento dei Cattolici Comunisti e della Sinistra Cristiana. Quale percorso ti ha portato dalla fede all’impegno politico militante? Quali sono stati nel tempo i tuoi rapporti con la chiesa durante i vari pontificati?
In parte ho già risposo a questa domanda al numero uno. Fu l’intervento di Don Luigi Rughi, parroco di San Verecondo in Vallingegno, un gruppo di poche case non lontano da Gubbio, che mi raccontò la sua vicenda, a chiarirmi i rapporti con la Chiesa. In seguito, il rapporto con mio marito Franco Rodano e con il gruppo dei cattolici comunisti, prima nella battaglia clandestina e poi dopo la liberazione hanno costruito le condizioni prima della militanza politica a sinistra e, dopo il 1945, per la confluenza nel PCI. Il PCI cambiò il suo statuto, per consentire ai credenti e comunque ai non marxisti, di aderire e militare nel partito. Questo ci permise di entrare nel PCI, ma fu anche una delle condizioni che consentì di far diventare il PCI un grande partito di popolo.
4) Hai aderito al Partito Comunista Italiano nel 1945 e vi sei rimasta fino allo scioglimento, come membro del Comitato Centrale dal 1956 al 1989. Si tratta di una lunga esperienza che percorre quasi tutta la storia del partito nel dopoguerra. Quali ritieni i momenti più significativi della tua militanza politica?
Non ci sono episodi particolari. È stata tutta la mia vita. Ricordo l’emozione del mio primo intervento alla Camera dei deputati. Ricordo le lotte delle donne a Roma contro il carovita. Oppure il lavoro nel Polesine travolto dall’inondazione per sostenere quelle popolazioni. Ma ricordo anche la vittoria del referendum sul divorzio, ottenuta anche e soprattutto grazie alle donne e le grandi conquiste degli anni sessanta e settanta, dal nuovo diritto di famiglia, al piano nazionale per gli asili nido, alla riforma sanitaria, alla legge 194 sull’interruzione di gravidanza. Sono stati decenni di impegni, discussioni, battaglie, vittorie e sconfitte. Ma tutti straordinari.
5) Hai ricoperto numerosi incarichi istituzionali, anzitutto come vicepresidente della Camera dal 1958 al 1968. Come si svolgeva allora la vita parlamentare? Quali sono le fasi e i momenti che ricordi di più?
La lunga battaglia per l’istituzione delle Regioni e la soddisfazione per aver espulso dall’aula l’onorevole Almirante, che faceva ostruzionismo.
6) Hai conosciuti tutti i segretari del Pci del dopoguerra, da Togliatti a Longo a Berlinguer fino a Natta e a Occhetto, non ti chiedo una graduatoria, ma una riflessione su quel tipo di partito, sulla sa vita interna, sulla sua evoluzione, sui rapporti internazionali.
Per rispondere a questa domanda ci vorrebbero più giorni. Vorrei solo fare una notazione di carattere generale. Sono stati uomini molto diversi, che hanno affrontato situazioni imparagonabili tra loro. Ma tutti hanno sempre mantenuto il loro radicamento nei valori costituzionali e hanno cercato di tenere viva la speranza concreta di cambiamenti radicali nella democrazia. Un grande patrimonio.
7) Sei entrata nel PDS, ma se non sbaglio non hai aderito al Pd. Che giudizio dai oggi della cosiddetta “svolta della Bolognina”?
Sono stata favorevole alla svolta della Bolognina. Mi era sembrata necessaria e anche foriera di nuove opportunità. Ma nei decenni successivi ho assistito a una interpretazione della svolta che negava le sue stesse origini e che alla fine ha condotto a un indebolimento culturale e politico della capacità del partito di essere protagonista del cambiamento.
8) Sembra che in Europa ricominci a muoversi qualcosa a sinistra, mi riferisco alle recenti elezioni in Germania e al successo della SPD e dei Verdi. Quale effetto potrà avere la possibile formazione di un governo rossoverde sulle sorti della Unione Europea e sulle travagliate vicende del nostro paese?
Penso che avrebbe un effetto positivo.Sarebbe importante se si riaprisse una stagione di politiche sociali e economiche di sinistra in Europa, dopo i danni causati dal trentennio liberista.
9) In particolare cosa dovrebbe fare il centrosinistra in Italia per contrastare più efficacemente le destre?
Avere ed esporre un progetto di società, contro le diseguaglianze e le discriminazioni, alimentare una speranza di una vita diversa e migliore, far comprendere che questo non è né l’unico, né il migliore dei mondi possibili. E dovrebbe anche riaprire efficacemente e non retoricamente la riflessione sul ruolo dell’Europa anche nei confronti dell’America e del terzo mondo.
10) Sei nata il 21 gennaio del 1921, lo stesso giorno della fondazione del Partito Comunista Italiano. La tua vita attraversa buona parte del XX secolo e arriva fino a noi. Rappresenti l’esempio di una lotta indomita per la libertà, la pace, la giustizia sociale, l’emancipazione femminile. Ritieni di poter fare un bilancio, sia pure parziale, delle lotte di cui sei stata protagonista?
Non ho fatto nulla di speciale, ma solo quello che di volta in volta si doveva fare.