Questo è un fatto e i fatti sono ostinati. Lenin e l’Ottobre ’17. Una lettura politica

Di Sergio Gentili

In occasione dell’ anniversario della Rivoluzione d’Ottobre, per ricordare il grande evento che diede la sua impronta a tutto il XX secolo e oltre, pubblichiamo in questi giorni alcuni articoli sui fatti del 1917 e sulla loro interpretazione.

Il seguente brano è tratto dal testo “Questo è un fatto e i fatti sono ostinati”, di Sergio Gentili, prefazione Michele Prospero, edizioni Bordeaux, Roma, 2017. (da p. 69 a p.77)

Le tesi di aprile.
La rivoluzione era in atto, la monarchia era caduta, la Russia viveva una nuova e inedita fase politica, ma Lenin ancora non era potuto rientrare. La stessa situazione era subita da altri esuli politici. I governi inglese e francese facevano del tutto per negare loro il diritto di tornare in patria e il governo provvisorio, egemonizzato dal ministro degli esteri Miljukov, non svolgeva nessuna azione positiva per favorire il rientro degli esuli politici. Anzi, l’emigrato Zurabov, deputato della seconda Duma, denunciava che il ministro inviava telegrammi ai consoli russi dando indicazioni “di non rilasciare permessi d’entrata agli emigrati i cui nomi figurino nelle speciali liste internazionali di controllo….la stampa francese chiede che non si lasci passare nessuno che non condivida il punto di vista di Plechanov”1, cioè di appoggio alla guerra. Allora, Lenin e altri esuli accolsero l’idea di Martov, il capo dei menscevichi, di raggiunge la Russia attraverso la Germania. Le trattative con le autorità tedesche furono svolte dal segretario del partito socialista svizzero Fritz Platten. L’unico impegno dell’accordo preso dagli esuli con le autorità tedesche fu che una volta rientrati in patria avrebbero chiesto la liberazione di un analogo numero di civili tedeschi e austo-ungarici trattenuti in Russia. Il viaggio di ritorno lo fecero con un treno, non piombato come i denigratori dissero, che godeva della extraterritorialità e senza nessun contatto con l’esterno. Rientrarono in 30. Oltre ai bolscevichi, c’erano esponenti di altri partiti e correnti politiche. Dopo un mese, con la stessa modalità e le stesse condizioni, fece ritorno anche Martov. Suchanov testimonia che le modalità del rientro furono oggetto di una “nauseabonda campagna” denigratoria “era chiaro che la borghesia e tutti i suoi servi avrebbero sfruttato a fondo la concessione che i tedeschi avevano fatto”2.

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Gramsci e la Rivoluzione d’Ottobre

Di Guido Liguori

In occasione dell’ anniversario della Rivoluzione d’Ottobre, per ricordare il grande evento che diede la sua impronta a tutto il XX secolo e oltre, pubblichiamo in questi giorni alcuni articoli sui fatti del 1917 e sulla loro interpretazione.

Questo articolo di Guido Liguori è tratto da Critica Marxista. 2017, n, 3-4.

La peculiare formazione di Gramsci gli fece scorgere nelle due rivoluzioni russe del 1917 l’inveramento delle sue concezioni soggettivistiche. La successiva comprensione della differenza tra “Oriente” e “Occidente” lo portò a una rivoluzione del concetto di rivoluzione, senza fargli rinnegare l’importanza storica dell’Ottobre né la solidarietà di fondo con il primo Stato socialista della storia.

A cento anni dalla Rivoluzione d’Ottobre e a ottant’anni dalla morte di Gramsci non è inutile tornare sulla lettura che nel 1917 l’allora ventiseienne socialista sardo diede dei fatti di Russia e anche su cosa poi rimase di tale interpretazione nel suo bagaglio teorico-politico più maturo. La rivoluzione guidata da Lenin, infatti, costituì per il giovane sardo trapiantato a Torino un punto di svolta politico, teorico ed esistenziale a partire dal quale iniziò la maturazione del suo pensiero e la sua vicenda di comunista. Per comprendere come Gramsci si rapportò alla Rivoluzione d’Ottobre occorre dunque partire in primo luogo dalla consapevolezza che Gramsci fu sempre, dagli anni torinesi alle opere del carcere, non solo un teorico della rivoluzione, ma un rivoluzionario. È quanto ebbe a sottolineare Palmiro Togliatti, nell’ambito del primo dei convegni decennali dedicati al pensiero di Gramsci, che ebbe luogo a Roma nel gennaio 1958, affermando: «G. fu un teorico della politica, ma soprattutto fu un politico pratico, cioè un combattente […]. Nella politica è da ricercarsi la unità della vita di A.G.: il punto di partenza e il punto di arrivo».

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La Rivoluzione contro “Il Capitale”

Di Antonio Gramsci

In occasione dell’ anniversario della Rivoluzione d’Ottobre, per ricordare il grande evento che diede la sua impronta a tutto il XX secolo e oltre, pubblichiamo in questi giorni alcuni articoli sui fatti del 1917 e sulla loro interpretazione.

Questo articolo, La rivoluzione contro “Il Capitale”, scritto originariamente da Gramsci per il n. 697, 1° dicembre 1917, del «Grido del Popolo», era stato interamente soppresso dal censore. Dopo la pubblicazione in forma di editoriale nell’«Avanti!» del 24 dicembre 1917, esso verrà ristampato da Gramsci nel «Grido del Popolo», n. 702, 5 gennaio 1918 (a firma A. G.) con la seguente avvertenza: “La censura torinese ha una volta completamente imbiancato questo articolo nel «Grido». Lo riproduciamo ora dall’«Avanti!» passato al crivello delle censure di Milano e di Roma”.
Di questo articolo gramsciano parlò Togliatti nel corso della sua relazione, intitolata Gramsci e il leninismo, al primo Convegno di studi gramsciani svoltosi a Roma nei giorni 11-13 gennaio 1958. Gli atti del Convegno sono raccolti nel volume Studi gramsciani, Roma, Editori Riuniti, 1958 [seconda edizione 1973]. La citazione che segue è alle pp. 428-429 (Lelio La Porta)

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Il testamento di Lenin

Di Aldo Pirone

In occasione dell’ anniversario della Rivoluzione d’Ottobre, per ricordare il grande evento che diede la sua impronta a tutto il XX secolo e oltre, pubblichiamo in questi giorni alcuni articoli sui fatti del 1917 e sulla loro interpretazione.

Martedì 3 settembre Ezio Mauro nell’ottava puntata del suo “Romanzo russo” è tornato a parlare del “Testamento di Lenin”. Al di là dello scritto di Mauro il tema del passaggio da Lenin a Stalin è da non sottovalutare ai fini di una riflessione storica e storicista sulla costruzione del socialismo in Urss.

Di cosa si tratta? Di una lettera, scritta dal rivoluzionario russo tra il 22 e il 26 dicembre, – con una aggiunta riguardante la proposta della rimozione di Stalin da segretario del 4 gennaio successivo – indirizzata al Congresso del Partito comunista russo (bolscevico) che doveva rimanere segreta e aperta solo dopo la sua morte. In essa si davano giudizi su Trotzkij, Stalin, Zinoviev e Kamenev, Bucharin e Pjatakov e si faceva la proposta di aumentare di 50 ai 100 membri del CC tratti dagli operai di fabbrica. Quella lettera passò poi alla storia come il “Testamento di Lenin”.

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