Ricordando Aldo Tortorella

Di Francesco Barbagallo

Con Aldo Tortorella muore l’ultimo importante dirigente del Partito comunista italiano. Giovanissimo combatté da partigiano a Genova e Milano. Sempre nell’Università milanese si laureò in filosofia con Antonio Banfi, maestro del razionalismo critico, militante comunista nella Resistenza, allievo e successore di Pietro Martinetti epurato dal fascismo nel 1931 per non aver giurato fedeltà al regime. Fu sempre legato a Milano, dove diresse anche la Federazione comunista. Ma era napoletano perché qui era nato nel 1926 e proveniva da una famiglia di banchieri del tempo dei Borbone e dei Savoia.

Deputato comunista dal 1972 al 1994, ha diretto <l’Unità> dal 1970 al 1975. Stretto collaboratore di Enrico Berlinguer, non fu entusiasta della politica di solidarietà nazionale del 1976-78, preferendo nettamente la successiva svolta dell’alternativa democratica sulla base della questione morale. Sostenne la candidatura di Achille Occhetto, pensando anche di poter svolgere il ruolo che preferiva di eminenza grigia, mentre il segretario Alessandro Natta propendeva piuttosto per Massimo D’Alema.

Rimase sconcertato a fine ‘89, come Natta e Ingrao e tanti militanti, dalla improvvisa decisione del segretario Occhetto di cambiare nome al Pci, ma accettò di essere l’ultimo presidente del partito e continuò a militare nel nuovo Partito democratico della sinistra, dove guidò la corrente dei Comunisti democratici. Nel 1992 rilevò e diresse fino a ieri la rivista <critica Marxista>; nel 1998 fondò con Giuseppe Chiarante l’Associazione per il Rinnovamento della Sinistra. Continuò a militare nella nuova formazione dei Democratici di sinistra dal 1998 al 2001. Intanto nel 1999 criticò duramente il sostegno fornito dal governo D’Alema alla cosiddetta ‘guerra umanitaria’ del Kosovo coi bombardamenti della Nato alle infrastrutture e alla popolazione civile della Serbia. Fino all’ultimo ha partecipato ad iniziative politiche sulle vicende italiane e mondiali, oltre che ai tanti convegni sulla figura e la politica di Enrico Berlinguer. Da remoto ha dato i suoi importanti contributi ai convegni berlingueriani organizzati di recente al circolo Ilva di Bagnoli dalla rivista <Infiniti Mondi> e alla Cgil di via Roma dall’associazione “Futura Umanità”.

Ho conosciuto Aldo Tortorella nel giugno 1981, quando il direttore dell’Istituto Gramsci di Roma, Aldo Schiavone, mi propose come responsabile della sezione di storia dell’Istituto. Allora l’Istituto Gramsci era una sezione di lavoro culturale del Comitato centrale del Pci. Per ogni incarico era necessaria l’approvazione del dirigente nazionale del settore e in quegli anni Tortorella era il responsabile culturale del partito. Come direttore di <Studi Storici> partecipai poi a molte riunioni indette da Aldo Tortorella sui principali problemi politico-culturali dell’Italia e del mondo. L’amicizia nacque ai tempi della ‘svolta’ di Occhetto, quando votai no alla riunione del Comitato centrale nel novembre ’89, ritenendo l’operazione sbagliata nei tempi e opportunistica nella sostanza, volta essenzialmente a sostituire una nuova generazione ai vecchi dirigenti.

Ci furono poi le tante occasioni dei convegni in ricordo di Enrico Berlinguer, che si sono susseguiti con intensità e hanno contribuito a dissolvere la cortina fumogena diffusa al principio del XX secolo da discutibili ricostruzioni come quella di Miriam Mafai, titolata con scarso intuito del futuro Dimenticare Berlinguer. Negli ultimi anni il progressivo deterioramento della politica ha elevato il leader comunista al livello del mito, condiviso anche oltre le residue barriere di schieramento. La mia biografia politica di Enrico Berlinguer rafforzò ancor più la nostra amicizia nell’ultimo ventennio, per cui la sua morte, che pareva non dover giungere mai, mi è particolarmente dolorosa.

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