Guido Liguori, 12.02.2021

Filosofia politica. «Marx in dieci parole» di Stefano Petrucciani, pubblicato da Carocci. Le parole
prescelte per questo «approccio a Marx» sono, nella sequenza offertaci dal volume (che in parte
rispecchia quella del loro affiorare negli scritti di Marx): alienazione, diritto, democrazia, libertà,
rivoluzione, materialismo storico, feticismo, sfruttamento, capitalismo, comunismo
Non è facile raccontare Marx in dieci lemmi o concetti. Troppo pochi, viene subito da dire. È un
autore che ha scritto molto e di molte cose. Ed è stato letto, interpretato, dissezionato in lungo e in
largo. La scelta di Stefano Petrucciani nel suo ultimo libro, Marx in dieci parole (Carocci, pp. 179,
euro 16), è però evidente. I dieci termini, frutto di una scelta fra altre possibili, sono sentieri di
lettura con cui si tenta di penetrare da diversi lati un corpus teorico ritenuto complesso e non del
tutto organico come quello del pensatore di Treviri, per discuterne criticamente alcune coordinate
fondamentali.
Le parole prescelte per questo «approccio a Marx» sono, nella sequenza offertaci dal volume (che in
parte rispecchia quella del loro affiorare negli scritti di Marx): alienazione, diritto, democrazia,
libertà, rivoluzione, materialismo storico, feticismo, sfruttamento, capitalismo, comunismo. Dieci
termini centrali, nella consapevolezza che molti altri sarebbero stati possibili, e di alcuni in
particolare si lamenta la mancanza: ideologia, scienza, classe sociale (borghesia, proletariato), solo
per citare degli esempi.
L’AUTORE DEL LIBRO tuttavia ha diritto alla sua scelta, anche perché occorre chiarirlo non si
tratta di una «introduzione a Marx», né di un libro soprattutto «per principianti». Certo, il linguaggio
di Petrucciani è estremamente chiaro, il suo approccio espositivo esemplare, la vocazione
pedagogica della sua scrittura caratterizza anche questo suo testo, ed esso risulta
comprensibilissimo a chiunque vi si accosti con un minimo di impegno. Tuttavia l’ottica del libro
pare un’altra: l’autore parte dalla convinzione che Marx non sia al pari di ogni altro grande
pensatore «l’autore di una dottrina coerente, compiuta e magari trasformabile in un dogma di
fede». È dunque necessario farne una lettura vigile, critica, anche se politicamente partecipe,
discutendone le possibili aporie e contraddizioni.
Il primo «strumento» che il libro mette in campo per condurre questo confronto critico col pensatore
di Treviri è una lettura diacronica del suo pensiero, una storicizzazione, o contestualizzazione, delle
sue tesi. Per ogni lemma-concetto si analizza cioè cosa ne dice Marx nelle diverse fasi della sua
elaborazione teorica e politica sia pure per metterne in evidenza, alla fine, il significato dominante.
È una accortezza fondamentale, che da sola già permette di «relativizzare» in buona parte le
asserzioni marxiane, salvandole dalla dogmatica che per molto tempo ne ha contraddistinto e
condizionato la ricezione.
SI PRENDA AD ESEMPIO la parola-chiave «democrazia». È evidente come su di essa Marx dica
nel tempo cose anche molto diverse: dagli scritti filosofici del 1843-1844 al Manifesto del partito
comunista, dalle opere storiografiche sugli anni 1848-1850 agli scritti formulati come documenti
dell’Internazionale (quando Marx «fa politica»), dalla conferenza di Amsterdam alla Critica del
programma di Gotha, Marx parla in modi diversi della democrazia politica e di quella economica,
della democrazia parlamentare e di quella della Comune (che sarà nel Novecento il modello della
democrazia soviettista), e così via.
Questo lemma è parte di una famiglia ben riconoscibile di concetti di filosofia politica (diritto, libertà,
rivoluzione, comunismo), verso cui Petrucciani è particolarmente attento. Ma non mancano altri
sentieri di lettura possibili, su cui procedere per imparare a leggere Marx. Perché questo soprattutto
appare essere l’intento (metodologico) del libro, e ci sembra soddisfatto.
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