Lelio La Porta
Nel 1983 l’editore Argalìa di Urbino presentava, nella collana «Studi pedagogici», il volume di Carmela Covato intitolato L’itinerario pedagogico del marxismo italiano. Una nuova edizione del libro viene proposta, nella collana «I libri di Minerva», dalle Edizioni Conoscenza (Roma, 2022, pp. 280) arricchita da un’Appendice in cui compaiono i saggi più recenti dell’autrice sul tema, uno scritto di rassegna storico-bibliografica di Chiara Meta e un contributo di Luca Silvestri nel quale le immagini di documenti forniscono un profilo notevole di ciò che è stata la pedagogia marxista in Italia nel secondo dopoguerra.
Nella Presentazione, anch’essa scritta per la nuova edizione, Roberto Sani mette in evidenza la specificità della ricerca di Covato che va individuata nel tentativo di «fornire una lettura a tutto tondo del complesso e fondamentale intreccio tra teorizzazione pedagogica e determinazione di specifiche progettualità educative e scolastiche per la società democratica nata dalla Resistenza e dalla lotta al nazifascismo». La novità della lettura di Covato, peraltro, veniva già messa in evidenza nella Prefazione di Mario Alighiero Manacorda (riproposta in questa edizione) il quale, partendo dalla distinzione fra la pedagogia dei comunisti, intesa come politica educativa e prassi didattica, e il marxismo pedagogico inteso come analisi dei testi pedagogici di Marx, sottolineava come la critica dell’autrice cogliesse nel segno proprio lì dove vedeva nel marxismo la possibilità «di superare l’atteggiamento ideologico legando fattivamente la riflessione pedagogica alle istanze sociali». Sani e Manacorda pongono i termini a quo dell’analisi di Covato negli aspetti specifici della pedagogia marxista riconducibili ad un collegamento “dialettico” tra educazione e società secondo il quale ogni tipo di ideale formativo e di pratica educativa risente di valori e interessi ideologici, ossia un legame assai stretto tra educazione e politica nel quale risulta centrale il lavoro nella formazione dell’uomo ed il ruolo prioritario che esso viene ad assumere all’interno di una scuola caratterizzata da finalità socialiste; perciò il valore di una formazione integralmente umana di ogni uomo che si richiami esplicitamente alla teorizzazione marxiana opponendosi ad ogni forma di spontaneismo e di naturalismo.
Il libro, quindi, muovendo dall’analisi di alcuni momenti alti della riflessione teorica sulla pedagogia marxista in Italia, a partire dal secondo capitolo dedicato al metodo logico-storico dellavolpiano come premessa «diversa» e, sotto certi aspetti, originale alla pedagogia intesa come scienza, attraversando, e facendo propria, l’ipotesi teorica di Manacorda perviene a quello che si pone come il nodo problematico di tutta la riflessione di Covato, ossia il nesso «pedagogia e politica nell’attività teorico-pratica» esplicato attraverso l’opera di Bruno Ciari. Scrive Covato: «L’ispirazione marxista, mediata soprattutto da concetti gramsciani, permette a Ciari di accogliere le innovazioni più significative presenti nel pensiero pedagogico a lui contemporaneo (Dewey, Bruner, Piaget) senza accettarne l’ideologia implicita, ma tentando di riutilizzare i vari elementi per quel tanto che essi avevano di valido all’interno di una visione rivoluzionaria della società». Dall’analisi degli appunti di Ciari, Covato mette al centro della sua attenzione il rapporto nuovo che il pedagogista toscano stabilisce fra docente e discente: nella didattica non si parte dalle programmazioni o dalle formalizzazioni a priori bensì è prioritario il rapporto con l’alunno «in una vita comunitaria»; non dalla testa dell’insegnante nasce l’organizzazione del lavoro in classe ma dall’alunno, dal suo ambiente. A voler proporre una sintesi massima, si potrebbe dire che “In principio è l’alunno”. Ciari pone un vincolo stretto, a partire dalle teorizzazioni pedagogiche del marxismo che si contaminano con altri percorsi della scienza dell’educazione, fra ambiente, educatore ed educato e pare proprio di ascoltare il Marx della Terza Tesi su Feuerbach, spesso ricordato dal nostro Gramsci.
Dopo aver preso in considerazione gli anni Settanta come momento di crisi teorica della pedagogia nel dibattito marxista, Covato affronta, nei tre saggi che compongono l’Appendice, tre tematiche in apparenza non collegate fra di loro ma, in realtà, profondamente interconnesse. Infatti scrivere di desuetudine del nesso scuola-educazione nella critica marxista, porre il nesso marxismo-femminismo nei termini di una questione educativa (ossia una questione intorno alla quale è necessaria un’educazione specifica stante lo scarso rilievo che ha nel mondo comunque patriarcale indicando come fonti di ispirazione, entrambe di provenienza marxista, Angela Davis e Nancy Fraser), indicare in che modo l’area marxista possa intraprendere strade nuove per un rinnovamento pedagogico sembrano proprio tre argomenti che si tengono fra loro in modo fortemente propositivo.
A quelli che paiono, dalla lettura del volume, i due punti di riferimento di Covato, cioè Ciari e Manacorda, l’autrice lascia pronunciare le parole che sintetizzano il senso della sua ricerca e ne illuminano l’obiettivo: «Diffusione dell’istruzione, emancipazione culturale e sviluppo della società democratica appaiono (…) presupposti indispensabili di una realtà fondata sull’uguaglianza».