Squarcio rosso

Di Lelio La Porta

Pubblichiamo la recensione di Lelio La Porta del testo “Squarcio rosso. Berlinguer, Craxi e la sinistra in pezzi”, di Giampiero Calapà (Ed. Bordeaux, 2023), la cui versione ridotta è stata pubblicata su “Il Manifesto” il 3 aprile scorso (l’articolo in questione reperibile alla seguente pagina web)

Enrico Berlinguer, del quale in questo anno ricorre il quarantesimo anniversario della morte (11 giugno 1984), fu eletto segretario del Pci al termine del XIII Congresso nel 1972 e rimase in carica fino al momento della sua drammatica scomparsa. Bettino Craxi fu nominato segretario del Psi nel luglio del 1976 dal Comitato Centrale del partito riunitosi all’Hotel Midas di Roma in seduta straordinaria in seguito all’esito in realtà non proprio esaltante delle elezioni politiche svoltesi il mese prima che avevano, al contrario, registrato un’avanzata impetuosa dei comunisti. Rimase in carica fino al 1993 e fra il 1983 e il 1987 fu Presidente del Consiglio dei Ministri. Il “duello” al quale i due diedero vita fra gli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta del secolo scorso viene ripercorso da Giampiero Calapà (Squarcio rosso. Berlinguer, Craxi e la sinistra in pezzi, prefazione di Gianluca Fiocco, Bordeaux, Roma 2023, pp. 206, €. 16,00).


L’idea dell’autore di richiamare il racconto di Conrad “I duellanti” come emblematico di quanto accadde fra i due leader è certamente stimolante e consente alla vicenda di proporsi in una cifra di spessore anche letterario. Il libro è un racconto (si badi bene, non una narrazione in linea con l’odierno vezzo dello storytelling che si prende l’ardire di dire tutto e il contrario di tutto senza alcun riscontro documentale il più delle volte, anzi quasi sempre) che segue un filo logico e cronologico in cui i documenti, costituiti dai discorsi parlamentari, e non soltanto, dei due protagonisti, dalle interviste e da altri interventi, diventano la voce viva dei “duellanti”, il cardine intorno al quale la vicenda progressivamente si sviluppa. Non manca la riflessione storica, il ricorso ai testi di chi ha studiato quel periodo e in esso ha contestualizzato l’azione dei due protagonisti; sarebbe stato facile cedere alla presa di posizione per l’uno o l’altro dei contendenti, invece l’autore si mantiene al livello dell’oggettività di verghiana memoria, un raccontare in cui l’io scompare, in cui l’impersonalità diventa la modalità più efficace per dare conto degli eventi. La parola viene lasciata ai protagonisti e allo stuolo numeroso delle figure che intorno ad essi si muovono ed agiscono con un interessante sconfinamento nel campo del cinema (capitolo quinto, Al cinema), visto che due film, rispettivamente dedicati a Berlinguer e a Craxi, vengono presi in considerazione ed analizzati da Calapà: si tratta di Quando c’era Berlinguer di Walter Veltroni (2014) e Hammamet di Gianni Amelio (2020), apparsi nelle sale, come si evince dalle date, in occasione del trentesimo della morte del segretario del Pci e del ventesimo della morte del leader socialista.


Su un aspetto specifico prende corpo la fase acuta del “duello” fra i due politici. Siamo nel 1980: all’interno del Psi Craxi aveva avviato il nuovo corso azzerando la sinistra interna e il gruppo che si raccoglieva intorno a “Mondoperaio”. Con il XIV Congresso la Dc aveva stabilito il preambolo che prevedeva che non dovessero esserci accordi di sorta con i comunisti. Il governo Cossiga, appoggiato dall’esterno dal Psi, viene sostituito da un nuovo governo Cossiga con una folta rappresentanza di ministri socialisti (va prendendo consistenza un asse Dc-Psi in chiave anticomunista). Caduto questo secondo governo Cossiga, nasce un governo Forlani sostenuto dai quattro partiti del centro-sinistra (Dc, Psi, Psdi, Pri con aggiunte Südtiroler Volkspartei e Union Valdȏtaine) con l’astensione dei liberali. Intervenendo alla Camera nel dibattito sulla fiducia, Berlinguer non negherà ai socialisti la legittimità della ricerca di un mutamento dei rapporti di forza a loro favore proprio perché fare politica significa mutare i rapporti di forza a proprio vantaggio. Ma il mutamento, secondo il segretario comunista, deve avvenire non come estensione delle proprie posizioni di potere, come inteso da Craxi, ma come estensione dell’iniziativa delle masse conquistando il loro consenso rispetto ad un programma di rinnovamento. Una lezione di realismo politico da parte di un comunista democratico (espressione per nulla ossimorica) preoccupato, al contrario del suo antagonista, che il partito socialista potesse poco alla volta perdere i caratteri e la collocazione che aveva sempre avuto all’interno del movimento operaio italiano. Da qui la dissociazione (di cui scrive Calapà) di alcuni esponenti di spicco del Pci dalla linea del segretario e qui sono anche, a ben vedere, le scaturigini di quella che sarà la questione morale.
Si chiede l’autore cosa resta di quello da lui definito “duello”. Resta quello che è stato Berlusconi e che, con i suoi eredi politici, ancora è; restano i post-comunisti, rimane Renzi, restano i Cinque Stelle. Restano, al mutare di un’epoca storica e di un mondo che non è più quello di allora, il ricordo, come recita il titolo del terzo capitolo, de La brava persona e il corrotto. Calapà, a tal proposito, cita i due versi della canzone di Gaber intitolata Qualcuno era comunista (1992) nei quali si sottolineava che “qualcuno era comunista perché Berlinguer era una brava persona” (ma si potrebbe invertire l’impostazione quasi sillogistica sostenendo che Berlinguer era una brava persona in quanto comunista) e, proseguendo, “qualcuno era comunista perché abbiamo avuto il peggiore partito socialista d’Europa”. Entrando nel merito politico dei versi di Gaber, i comunisti avevano comunque come loro obiettivo la costruzione del socialismo attraverso un ampliamento della democrazia, mentre per i socialisti craxiani il problema era già capire cosa fosse la democrazia (il primo paragrafo del primo capitolo del libro di Calapà è intitolato proprio La rottura insanabile: Craxi pericolo per la democrazia).
Calapà riesce a tenere insieme ed esporre due atteggiamenti politici diversi e questo sembrerebbe voler dire non prendere posizione. Il suo raccontare, come già scritto, verghiano, oggettivo, però, rimanda alla possibilità di fornire risposte su tempi lunghi a domande che hanno una loro complessità che costituisce il nerbo stesso della storia politica dell’Italia.

3 pensieri riguardo “Squarcio rosso

  1. Mi chiedo e vi chiedo se anche il “duello” tra Craxi e Berlinguer non sia stato aperto, oltre che dalla personalità di Craxi in qualche misura un pochino strafottente, dal fatto storico che di più ha deciso la svolta politica di quegli anni e cioè l’uccisione di Aldo Moro. A me pare che la sorte della strategia comunista anticipata da Togliatti e portata da Berlinguer alle estreme conseguenze, e cioè la via italiana al socialismo, è proprio con la morte di Moro e soprattutto con le modalità con le quali è stato ucciso che ha trovato uno stop, un altolà che a molti è sembrato invalicabile. Voglio dire che secondo me il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro può essere stato letto dalla stragrande maggioranza della classe politica italiana del tempo e anche dentro lo stesso PCI come l’esempio di quello che può sicuramente succedere a chiunque provi a portare i comunisti al governo in Italia. Attenzione: puoi essere il più raffinato politico del mondo ma se ci riprovi questo ti succede. questo il messaggio arrivato alle orecchie dei politici italiani da oltre atlantico. Craxi ha capito e si è adeguato prima di ogni altro perché ci vedeva il proprio tornaconto politico, di qui il “preambolo” nella DC, quindi il “CAF” e anche le dissociazioni da Berlinguer di importanti dirigenti comunisti. Contemporaneamente, tra le righe, dentro il PCI comincia a nascere e a prendere corpo anche l’idea di chiuderlo quel partito, perché non avrebbe avuto più futuro per chi si è sentito così minacciato.Nell’89 poi la “svolta” di Occhetto sotto la regia di Napolitano, il “nuovismo” come maschera del vecchio , ecc ecc

    Certo, ho semplificato molto ma in nuce questa mi pare la sostanza. Voi che ne pensate?

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    1. Carissimo Verino, nel libro di Calapà c’è un paragrafo nel quale si fa riferimento al caso Moro ponendolo “anche” fra le origini del duello Berlinguer-Craxi. Lunghe citazioni da libri che hanno analizzato la questione, riferimenti al film di Bellocchio “Esterno notte”, passi dell’audizione di Berlinguer alla commissione parlamentare d’inchiesta del 9 ottobre del 1980. Il tuo commento, però, mi sembra che si orienti verso una ripresa della discussione intorno a quale peso ebbe il caso Moro sulla vita politica del Paese e non solo in rapporto al “duello” fra Berlinguer e Craxi. Ritengo di potermi ritenere d’accordo con quanto scrivi e direi che, in questo anno berlingueriano, potrebbe essere la proposta per un incontro pubblico intorno alla storia politica d’Italia dopo il maggio del 1978.

      Ti ringrazio,

      Lelio La Porta.

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      1. E si, penso anche io che Futura Umanità potrebbe promuovere una iniziativa nel senso che proponi tu. Parliamone con Alex e gli altri. Grazie per la tua risposta. Verino Tinaburri

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