Berlinguer, l’Europa, le armi, la pace

L’intervista integrale a Enrico Berlinguer da cui è stato tratto il brano che vi proponiamo è stata pubblicata in “Critica Marxista” (1984, n. 1-2, pp. 15-16), con il titolo “L’Europa, la pace, lo sviluppo“.

Le forze politiche le quali sostengono che la difesa dell’Europa va cercata nella formazione di un terzo blocco militare si mettono in una posizione senza via di uscita. E non solo perché l’Europa, in questo modo, non eserciterebbe quella funzione di equilibrio e di moderazione che può e deve avere e che le è richiesta dal mondo progressivo extraeuropeo. Essa rinuncerebbe anche ad essere soggetto che coopera al superamento del sottosviluppo.
I paesi della Comunità, del resto, non hanno alcuna realistica possibilità di sostenere l’onere dell’armamento nucleare e degli altri armamenti che oggi integrano quello nucleare. L’Europa è come costretta, per sue intrinseche ragioni non solo economiche, a una politica di pace. A costringerla c’è il fatto che l’Europa è, tra Ovest ed Est, territorio di confine e di incrocio. Non solo una guerra totale, come è ovvio, ma anche una guerra locale, di “prova” e di “esibizione”, fra le massime potenze, avrebbe per l’Europa conseguenze di annichilimento. Non è un caso se oggi l’Europa è il luogo del mondo in cui si ha la maggiore concentrazione di strumenti di sterminio. Il nostro continente era tra i continenti quello a densità demografica maggiore…. Anche una guerra locale in Europa, ammesso che sia possibile, metterebbe fine a molta vita vivente e a questa grande vita divenuta testimonianza storica. La vita vivente conta certo più di quella trascorsa; ma anche questa umanità già vissuta conta in modo determinante. Aggiungo infine che se l’Europa prendesse la via di divenire un terzo blocco militare, la direzione della vita politica europea finirebbe per essere presa, prima o poi, da gruppi e caste reazionarie.

Contro il ritorno del fascismo e la sua apologia

Condividiamo i comunicati diffusi da Maurizio Acerbo per Pace Terra e Dignità e la segreteria provinciale dall’Anpi di Ferrara, critici verso l’emissione di un francobollo commemorativo per Italo Foschi, fascista, squadrista, repubblichino.

L’Associazione condivide le critiche dei due comunicati invitando a diffonderli.

«Poste Italiane ha emesso un francobollo dedicato a Italo Foschi, militante fascista, organizzatore dello squadrismo a Roma, fedele a Mussolini fino alla Repubblica di Salò, quando l’Italia subiva gli eccidi delle brigate nere e delle SS nazisti, noto anche per essersi congratulato con Amerigo Dumini, scrivendogli che era un eroe per l’assassinio di Giacomo Matteotti, uomo libero coraggioso ucciso da squadristi fascisti per le sue idee.

Mentre pertanto in questi giorni ricordiamo l’assassinio di Giacomo Matteotti ad opera delle squadre fasciste, Il governo del nostro Paese omaggia negli stessi giorni, con un francobollo, chi ha condiviso quel brutale assassinio.

Condanniamo questo grave vergognosa provocazione. Questo francobollo è un’offesa alla memoria di Matteotti, e di tutti gli antifascisti che hanno dato la vita per la libertà e la democrazia per il nostro Paese, chiediamo pertanto che venga bloccata subito la distribuzione».

La Segreteria provinciale dell’Anpi di Ferrara

«Continua l’opera di santificazione dei fascisti da parte del governo Meloni. L’ultima vergogna è l’annuncio che domani sarà presentato il francobollo commemorativo della nascita di Italo Foschi, il primo presidente della Roma. Peccato che si tratti di un noto esponente fascista che rimase tale fino alla Repubblica di Salò quando il paese subiva gli eccidi delle Brigate nere e delle SS. Originario della provincia di Teramo questo Questo esponente dello squadrismo più violento è noto per essersi congratulato con Amerigo Dumini per l’assassinio di Giacomo Matteotti scrivendogli che era un eroe. E’ noto che per gli eccessi del suo squadrismo a un certo punto lo stesso regime dovette intervenire. Stiamo diventando come l’Ucraina dove i filonazisti diventano eroi? Questo francobollo è un’offesa alla memoria di Giacomo Matteotti nel centenario dell’assassinio e chiediamo che ne venga bloccata la distribuzione.
In Europa ormai agli eredi del nazifascismo, dal battaglione Azov al governo Meloni, si consente tutto purché facciano la guerra agli ordini della NATO. Chiediamo che venga immediatamente sospesa la distribuzione del francobollo».

Maurizio Acerbo, Pace Terra Dignità

Ghirlanda fiorentina

Di Gianpasquale Santomassimo

Alla luce delle rinnovate polemiche sull’azione partigiana che portò alla morte di Giovanni Gentile e all’attuale apologia del filosofo compromesso col fascismo (compreso quello particolarmente efferato della Repubblica di Salò), riproponiamo un articolo dello storico Gianpasquale Santomassimo pubblicato sul “Manifesto” l’11 maggio 2014 (“Omicidio Gentile, cinque obiezioni“), che costituisce un’ottima messa a punto sulla vicenda.

È singolare che di fronte a un omicidio politico apertamente e quasi orgogliosamente rivendicato dai comunisti siano sorti tanti dubbi e ipotesi stravaganti. Si parla dell’uccisione di Giovanni Gentile, eseguita da un comando dei GAP il 15 aprile 1944. Aveva cominciato Luciano Canfora nel 1985 (La sentenza, edizioni Sellerio), che però era partito da un problema reale: l’aggiunta finale di Girolamo Li Causi a un articolo di condanna di Gentile scritto da Concetto Marchesi e che poteva suonare appunto come una sentenza di morte. Poi si sono aggiunti nel tempo testi di vari autori che hanno finito per dar vita a un cospicuo filone di letteratura complottistica.

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Ricordo di Togliatti

Di Sergio Gentili

Il 21 agosto del 1964 moriva Palmiro Togliatti. Insieme a Gramsci, Longo, Terracini, Camilla Ravera, Scoccimarro, Bordiga e tanti altri, fondarono il Pcd’I.

Combatterono il fascismo e mentre tutti i partiti democratici cessavano di esistere, i comunisti furono i soli a far vivere nella clandestinità il proprio partito.

Pagarono personalmente e duramente la scelta di essere antifascisti e rivoluzionari: ressero per decenni il carcere, il confino e la lontananza. Gramsci subì l’ingiuria del carcere e la morte che ne conseguì. Combatterono contro il fascismo in Spagna e nella Resistenza italiana, diressero la lotta unitaria di Liberazione dal nazifascismo. Furono, insieme ad altri, fondatori e costruttori della nuova democrazia. Scrissero la Costituzione italiana. Subirono la divisione del mondo in blocchi ostili e la guerra fredda. Furono dalla parte dei popoli che si liberavano dallo sfruttamento colonialistico. Sostennero l’Unione sovietica consapevoli della rottura storica che essa aveva determinato nel mondo e della carica liberatrice che la rivoluzione d’Ottobre, guidata da Lenin, ebbe per i popoli dell’impero russo, per la Cina, per i popoli sottoposti allo sfruttamento colonialista e per la classe operaia del mondo occidentale: per centinaia e centinaia di milioni di persone.

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LA COMUNE DI PARIGI

di Guido Liguori 18 marzo 2021

Centocinquanta anni fa veniva proclamata la Comune di Parigi. Durò solo due mesi o poco più. Ma destò entusiasmi e timori destinati a durare decenni. Marx capì subito che non aveva molte possibilità di durare, ma seguì con grande partecipazione quel primo tentativo di potere proletario registrato dalla storia moderna. Forse ne amplificò un po’ la portata e l’esemplarietà, ma nelle successive prefazioni a “La guerra civile in Francia” Engels puntigliosamente cercò di dimostrare come i fatti e la lettura di Marx non differissero molto. Rivendicò il carattere socialista di tutti i provvedimenti del governo rivoluzionario di Parigi, rimproverandogli solo di non essere intervenuto sulla Banca centrale. Quali gli insegnamenti teorico-politici della Comune? La lotta allo Stato come entità separata dalla società. E Stato significava allora in primis esercito e polizia, sostituiti dal popolo in armi e da incarichi a rotazione. Ma soprattutto: gli elettori possono sfiduciare in qualsiasi momento il loro eletto e i parlamentari non devono avere più di un salario operaio. Ciò serve davvero a estendere il controllo sociale sulle istituzioni e sullo Stato. Va superata inoltre la divisione dei poteri: gli eletti fanno le leggi e le applicano. Se quest’ultimo punto non mi convince (le repliche della storia sono state molto dure), l’indicazione del tendenziale superamento della democrazia liberale-parlamentare (il parlamento specchio del paese, che nei 4 o 5 anni in carica lo rappresenta qualsiasi cosa faccia o vi accada) mi sembra sempre più attuale e auspicabile. Certo, se si va avanti verso la democrazia comunarda o consiliarista, non se si torna indietro verso un plebiscitarismo bonapartista.

Potrebbe essere un'illustrazione raffigurante una o più persone e testo

Il centenario del Pcd’I e i caratteri originali del comunismo italiano

La storia del Pci è caratterizzata dal tentativo di percorrere una via originale al socialismo in Italia e in Occidente. Il tentativo è stato soffocato da oscure trame italiane e internazionali e dalle politiche liberiste e trasformazioni che hanno inciso pesantemente sull’aggregazione e la forza della classe lavoratrice.

 di Alexander Höbel 12/02/2021 | Copyleft

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