Per Pier Paolo Pasolini

Di Lelio La Porta

L’articolo seguente si avvale di alcuni passi di uno scritto pubblicato su «La Città Futura» il 30/10/2015.

Ma come io possiedo la storia,

essa mi possiede; ne sono illuminato:

ma a che serve la luce?

(P. P. Pasolini, Le ceneri di Gramsci)


L’assassinio di Pasolini, il cui corpo orrendamente massacrato fu rinvenuto il 2 novembre del 1975 e di cui ricorre il 50° anniversario, è stato causa di dolore e di rabbia autentica per chi militava a sinistra o, comunque, aveva a cuore le sorti della cultura nel nostro paese (e per questo stava a sinistra ieri e a sinistra si trova ancora oggi). Chi lo avrebbe visto con piacere bruciare in Campo de’ Fiori come Giordano Bruno o, meglio ancora, avrebbe desiderato fargli indossare la mordacchia, ancor prima di spedirlo al rogo, dimenticava tutto. Ci fu chi pensò di sottrare ad un’appartenenza comunista colui il cui fratello Guido (Guidalberto) era morto nell’eccidio di malga Porzûs, compiuto dai gappisti di “Giacca”, presumibilmente su ordine del comando del IX Corpo jugoslavo, e il padre aveva salvato Mussolini dalle mani dell’attentatore (o meglio, presunto tale) Zamboni. E poi non era stato espulso dal Pci nel 1949 per “indegnità morale”?1

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Natta: l’ultimo segretario del PCI rottamato da chi ha distrutto la sinistra italiana

di Maurizio Acerbo 8 gennaio 2018

Nel centenario della nascita di Alessandro Natta doveroso ricordare la biografia di antifascista, “illuminista, giacobino e comunista”, la gentilezza, l’umiltà, la simpatia, l’onesta’ intellettuale, la grande cultura, la fermezza nei principi nella ricerca e confronto sempre aperti verso le altre culture e la realtà concreta.

Lo ricordo come segretario vigliaccamente rottamato da una classe dirigente di giovani quarantenni ambiziosi che in 25 anni hanno distrutto la sinistra italiana.

Presentazione libro “Enrico Berlinguer: il socialismo necessario”.

Il 18 luglio avrà luogo a Collarmele (AQ) la presentazione del libro “Enrico Berlinguer: il socialismo necessario” (Bordeaux edizioni). Lelio La Porta, che ha curato il volume insieme a Guido Liguori, ne parla in dialogo con Joel Valifuoco. Il libro raccoglie i materiali di un convegno organizzato da Futura Umanità e dedicato alla attualità del pensiero politico del Segretario del P.C.I.

Il delitto Matteotti

Di Lelio La Porta

Pubblichiamo l’articolo di Lelio La Porta, già apparso sul sito Parliamo di socialismo, riguardo al delitto Matteotti, del quale ricorre il centesimo anniversario. L’articolo in questione è reperibile al seguente link

Appena eletto deputato a seguito della tornata del 6 aprile del 1924 nella circoscrizione del Veneto con 1585 voti di preferenza (32.383 voti di lista), Gramsci, ancora a Vienna, scrisse alla moglie Giulia a Mosca una lettera dalla quale si evince il clima di intimidazione in cui si erano svolte le elezioni stesse, la denuncia del quale costerà la vita a Matteotti: “Pare che proprio questa volta il destino crudele abbia proprio voluto che io fossi deputato di … Venezia. Andrò quindi in Italia per qualche giorno, ma poi ritornerò ad uscirne per andare all’esecutivo allargato. Le elezioni sono andate molto bene per noi. Le notizie che il partito ha ricevuto dai vari posti sono ottime: abbiamo preso 304.000 voti ufficialmente, ma in realtà ne avevamo certamente presi di più del doppio e i fascisti hanno pensato di attribuirseli, cancellando con la gomma il segno comunista e tracciandone uno fascista. Quando penso a ciò che sono costati agli operai e ai contadini i voti datimi, quando penso che a Torino sotto il controllo dei bastoni 3000 operai hanno scritto il mio nome e nel Veneto altri 3000 in maggioranza contadini hanno fatto altrettanto, che parecchi sono stati bastonati a sangue per ciò, giudico che una volta tanto l’essere deputato ha un valore e un significato. Penso che però per fare il deputato rivoluzionario in una Camera dove 400 scimmie ubriache urleranno continuamente ci vorrebbe una voce e una resistenza superiori a quelle che io abbia. Ma cercherò di fare del mio meglio: sono stati eletti alcuni operai energici e robusti che io conosco bene e conto di poter svolgere un lavoro non del tutto inutile. Qualche fascista di mia conoscenza si torcerà più di una volta dalla rabbia. Ma di ciò parleremo a voce perché ci sarà tempo, dato che la Camera si aprirà solo il 24 maggio e alle prime riunioni io non potrò assistere perché sarò vicino a te per mostrarti la lingua, in attesa di mostrarla a … Mussolini”.

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Ghirlanda fiorentina

Di Gianpasquale Santomassimo

Alla luce delle rinnovate polemiche sull’azione partigiana che portò alla morte di Giovanni Gentile e all’attuale apologia del filosofo compromesso col fascismo (compreso quello particolarmente efferato della Repubblica di Salò), riproponiamo un articolo dello storico Gianpasquale Santomassimo pubblicato sul “Manifesto” l’11 maggio 2014 (“Omicidio Gentile, cinque obiezioni“), che costituisce un’ottima messa a punto sulla vicenda.

È singolare che di fronte a un omicidio politico apertamente e quasi orgogliosamente rivendicato dai comunisti siano sorti tanti dubbi e ipotesi stravaganti. Si parla dell’uccisione di Giovanni Gentile, eseguita da un comando dei GAP il 15 aprile 1944. Aveva cominciato Luciano Canfora nel 1985 (La sentenza, edizioni Sellerio), che però era partito da un problema reale: l’aggiunta finale di Girolamo Li Causi a un articolo di condanna di Gentile scritto da Concetto Marchesi e che poteva suonare appunto come una sentenza di morte. Poi si sono aggiunti nel tempo testi di vari autori che hanno finito per dar vita a un cospicuo filone di letteratura complottistica.

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