



Il presidente di Futura Umanità, Alexander Höbel, sta tenendo in Cina un ciclo di lezioni sulla storia del comunismo italiano.




Il presidente di Futura Umanità, Alexander Höbel, sta tenendo in Cina un ciclo di lezioni sulla storia del comunismo italiano.
Di Lelio La Porta
L’articolo seguente si avvale di alcuni passi di uno scritto pubblicato su «La Città Futura» il 30/10/2015.

Ma come io possiedo la storia,
essa mi possiede; ne sono illuminato:
ma a che serve la luce?
(P. P. Pasolini, Le ceneri di Gramsci)
L’assassinio di Pasolini, il cui corpo orrendamente massacrato fu rinvenuto il 2 novembre del 1975 e di cui ricorre il 50° anniversario, è stato causa di dolore e di rabbia autentica per chi militava a sinistra o, comunque, aveva a cuore le sorti della cultura nel nostro paese (e per questo stava a sinistra ieri e a sinistra si trova ancora oggi). Chi lo avrebbe visto con piacere bruciare in Campo de’ Fiori come Giordano Bruno o, meglio ancora, avrebbe desiderato fargli indossare la mordacchia, ancor prima di spedirlo al rogo, dimenticava tutto. Ci fu chi pensò di sottrare ad un’appartenenza comunista colui il cui fratello Guido (Guidalberto) era morto nell’eccidio di malga Porzûs, compiuto dai gappisti di “Giacca”, presumibilmente su ordine del comando del IX Corpo jugoslavo, e il padre aveva salvato Mussolini dalle mani dell’attentatore (o meglio, presunto tale) Zamboni. E poi non era stato espulso dal Pci nel 1949 per “indegnità morale”?1
Di Lelio La Porta
(Il seguente articolo di Lelio La Porta è stato già pubblicato sul sito Parliamo di Socialismo, il 9 aprile scorso)

L’ultima pagina del romanzo che Italo Svevo pubblica nel 1923 (la prima guerra mondiale si è conclusa da cinque anni) sembra essere quasi una profezia di quello che accadrà il 6 e il 9 agosto del 1945 a Hiroshima e Nagasaki quando i bombardieri statunitensi sganciarono sulle due città nipponiche due bombe atomiche con l’obiettivo di porre fine al secondo conflitto mondiale, o meglio, visto che la Germania nazista si era arresa a maggio, di chiudere i conti con il Giappone, peraltro già in ginocchio, mostrando i muscoli atomici all’Urss:
Ma l’occhialuto uomo, invece, inventa gli ordigni fuori del suo corpo e se c’è stata salute e nobiltà in chi li inventò, quasi sempre manca in chi li usa. Gli ordigni si comperano, si vendono e si rubano e l’uomo diventa sempre più furbo e più debole. Anzi si capisce che la sua furbizia cresce in proporzione della sua debolezza. I primi suoi ordigni parevano prolungazioni del suo braccio e non potevano essere efficaci che per la forza dello stesso, ma, oramai, l’ordigno non ha più alcuna relazione con l’arto. Ed è l’ordigno che crea la malattia con l’abbandono della legge che fu su tutta la terra la creatrice. La legge del più forte sparì e perdemmo la selezione salutare. Altro che psico-analisi ci vorrebbe: sotto la legge del possessore del maggior numero di ordigni prospereranno malattie e ammalati.
Forse traverso una catastrofe inaudita prodotta dagli ordigni ritorneremo alla salute. Quando i gas velenosi non basteranno più, un uomo fatto come tutti gli altri, nel segreto di una stanza di questo mondo, inventerà un esplosivo incomparabile, in confronto al quale gli esplosivi attualmente esistenti saranno considerati quali innocui giocattoli. Ed un altro uomo fatto anche lui come tutti gli altri, ma degli altri un po’ più ammalato, ruberà tale esplosivo e s’arrampicherà al centro della terra per porlo nel punto ove il suo effetto potrà essere il massimo. Ci sarà un’esplosione enorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie1.
Continua a leggere “Il destino dell’uomo: una riflessione filosofico-politica”

Le analisi del fascismo da parte di Gramsci sono un capitolo rilevante del suo pensiero, prima e dopo l’arresto. Ma anche l’interesse dei neofascisti e dei post-fascisti per Gramsci costituisce un capitolo importante della cultura delle destre. Su questi due aspetti si incentra il convegno internazionale della Igs Italia del 5 giugno a Roma (via di Castro Pretorio 20, presso Termini, dalle 9.30 alle 13 e dalle 15 alle 19).
La manifestazione è aperta a tutte e tutti, partecipate.
Di Lelio La Porta
Il pensiero e l’opera politica di Berlinguer rispetto alle giovani generazioni nel confronto con le espressioni e la memoria dei giovani di oggi. Una riflessione che prende spunto dalle molte, e non tutte egualmente valide, opere di rievocazione prodotte nel trentennale della scomparsa.
(L’articolo, già pubblicato in precedenza sul sito “la Città futura”, è reperibile al seguente link)

Di recente la terza rete della Televisione di Stato ha trasmesso il film di Walter Veltroni “Quando c’era Berlinguer”. Il lavoro, per molti versi discutibile, in specie per questa insistenza a ridurre il leader comunista ad un brav’uomo, quasi a voler collocare in secondo piano la dimensione politica della sua attività, si apre con una serie di interviste sul campo, soprattutto a giovani, nel corso delle quali se ne sentono di tutti i colori. L’apice è la studentessa che fa presente di aver studiato nel Liceo Azuni di Sassari senza sapere che Berlinguer avesse affrontato lì i suoi studi medio-superiori (en passant, anche Togliatti, seppure diversi anni prima, aveva frequentato lo stesso Liceo). Ancora un altro episodio del quale io stesso sono stato protagonista. Organizzando qualche anno fa la giornata della Liberazione con l’Istituto in cui insegnavo, trovammo come punto di riferimento una sezione del Pd. All’interno faceva bella mostra di sé una foto di Berlinguer per cui chiesi ai giovani presenti chi fosse quell’uomo. Non mi seppero rispondere; ed eravamo all’interno della sede di un Partito che, almeno fino a qualche tempo fa, riteneva che Berlinguer fosse nel suo Pantheon; ora sarà stato sostituito con Baden-Powell, il fondatore dello scoutismo. Partendo da questi presupposti, cercherò di fissare alcuni punti che, pur non pretendendo di esaurire il discorso, possano, però, fungere da elemento di discussione intorno al rapporto fra Berlinguer e i giovani.
Diversi sono i luoghi in cui Berlinguer si rivolge direttamente ai giovani. Ne indicherò alcuni nei quali scorgo un particolare interesse del leader comunista per la pedagogia non soltanto in generale ma per quella specificità della pedagogia che ne fa anche un’educazione alla politica (come fa presente concludendo l’intervento al CC del gennaio 1970, conclusioni nelle quali Gramsci viene indicato, insieme a Lenin, come “altro nostro grande maestro”1).

Alla cortese attenzione della dott.ssa Yvonne A. Mazurek,
direttrice del cimitero acattolico di Roma
Gent. dott.ssa Yvonne A. Mazurek,
Le scriviamo per esprimere, come Direttivo di “Futura Umanità. Associazione per la storia e la memoria del Pci”, la nostra sorpresa e la nostra protesta per quanto avvenuto ieri 27 aprile presso il Cimitero acattolico da Lei diretto.
Alcune nostre iscritte e alcuni nostri iscritti, presenti alle ore 11 per rendere omaggio alla tomba di Antonio Gramsci in occasione dell’88º anniversario della morte del comunista sardo (che è anche il saggista italiano più conosciuto e tradotto nel mondo dai tempi di Machiavelli), hanno ascoltato con stupore e disappunto la richiesta da Lei avanzata di abbassare una bandiera rossa presente tra il numeroso pubblico convenuto, con l’argomento che essa avrebbe recato offeso alla memoria di altri morti sepolti nei pressi.
Respingiamo fermamente questo tentativo di riscrivere la storia: in Italia la bandiera rossa è infatti la bandiera di chi ha lottato per il progresso sociale e la dignità del lavoro, di chi ha combattuto il fascismo e sconfitto il nazismo, di chi ha contribuito a fondare la nostra Repubblica e le ha dato una Costituzione democratica. È incontestabilmente la bandiera di Antonio Gramsci. È ipocrita volere celebrare e ricordare il grande comunista italiano fondatore del Pci e al tempo stesso proibire di salutarlo con la sua bandiera. È inaccettabile vietarlo equiparandola implicitamente ai simboli delle dittature fasciste che la nostra Costituzione proibisce.
Protestiamo fermamente per tutto questo e rivendichiamo la piena legittimità, anche nei suoi simboli e nelle sue bandiere, di quella che è stata una componente fondamentale della storia della democrazia italiana. I comunisti e i democratici italiani difenderanno sempre la memoria della Resistenza al fascismo e di Antonio Gramsci e per ogni bandiera rossa fatta abbassare sono pronti ad alzarne altre cento.
Il Comitato direttivo di “Futura Umanità. Associazione per la storia e la memoria del PCI”
Roma, 28 aprile 2025